sabato, marzo 17, 2007

UNA GIORNATA GIUSEPPINA


Il Centro Studi san Giuseppe dei Giuseppini del Murialdo ha promosso, in prossimità della festa del 19 marzo, una Giornata di studio “per rilanciare la figura del Custode del Redentore nella Chiesa italiana”. L’incontro si è svolto il 15 marzo a Roma presso il Pontificio Oratorio San Paolo, davanti all’omonima Basilica Ostiense. Ha visto una partecipazione qualificata di una sessantina di persone, laici e religiosi, provenienti da varie parrocchie e comunità legate al nome di san Giuseppe, per lo più dalla zona di Roma e anche da lontano (Padova, Procida, Torino, Ravenna…). P. Celmo Lazzari, vicario generale della congregazione, ha portato il saluto del padre generale (attualmente in visita al Brasile). Il superiore della Provincia Italiana p. Tullio Locatelli ha mandato un messaggio, definendo la giornata “una occasione preziosa”, dato che non capita spesso di fermarsi ad approfondire la figura del santo, ed ha augurato ai partecipanti di vivere “un’esperienza di giuseppinità”. Tale in effetti è risultata, dato che oltre il confronto di studio, organizzato con varietà di interventi e di presentazioni, nei momenti di pausa, del pranzo e della visita alla basilica, ha permesso tra i presenti un raccordo ed un nuovo legame in una sorta di “famiglia giuseppina” che tutti unisce.
Il primo relatore è stato p. Tarcisio Stramare, docente di Sacra Scrittura e noto esperto di “iosefologia”, che ha parlato del “Vangelo dei misteri della vita nascosta di Gesù”. Purtroppo nell’opinione di molti, ha affermato, persistono dei preconcetti da sradicare: “continuano ad imporsi due dogmi: 1) su san Giuseppe si sa poco, i Vangeli non ci riferiscono neppure una sua parola; 2) quel poco da sapere già lo so”. E’ chiaro che così è chiusa la porta ad ogni approfondimento. Un altro problema: “in campo esegetico, la ‘destoricizzazione’ dei cosiddetti evangeli dell’infanzia ha compromesso conseguentemente i ‘misteri’ in essi contenuti, che riguardano l’Incarnazione e gli inizi della Redenzione”. D’altra parte non bisogna staccare la vita pubblica di Gesù e il mistero pasquale da tutta la storia che comincia col concepimento e la nascita e continua per trent’anni nella “vita nascosta”. Ci sono qui una serie di “misteri” di Cristo da riconoscere e celebrare: l’annunciazione, lo sposalizio di Maria e Giuseppe, il Natale, la circoncisione, il nome di Gesù, l’epifania, la presentazione, la fuga in Egitto, la santa Famiglia a Nazaret, il ritrovamento nel tempio, il lavoro. Tali misteri, di cui san Giuseppe è “ministro”, sono chiaramente presentati dall’esortazione apostolica “Redemptoris custos” di Giovanni Paolo II e dalle ricorrenze liturgiche. Nello studio dei vangeli, il discorso poi si allarga con la genealogia e l’intera storia della salvezza fino ad Abramo (secondo Matteo) e ad Adamo (secondo Luca). E’ dunque evidente come il Custode del Redentore debba trovare maggiore spazio nella teologia, tra gli studiosi e nella vita della Chiesa.
P. Angelo Catapano, direttore del Centro Studi san Giuseppe, ha relazionato sulla figura del padre terreno di Gesù come viene presentata nel cinema. Anche questo mezzo di comunicazione può risultare utile, ha ribadito, per accostare il personaggio, calarsi nella sua vicenda e comprenderne la singolare missione. Tanto più se tale messaggio può arrivare agli spettatori che non frequentano la chiesa e in questi tempi in cui pure i fedeli sentono poco parlare di lui nella catechesi e nella predicazione. Il relatore si è soffermato in particolare sui film e le fiction televisive in cui san Giuseppe risulta maggiormente come protagonista e più aderente al dato evangelico: Nativity (2006), Giuseppe di Nazareth (1999), Un bambino di nome Gesù (1989), Gesù di Nazareth (1977). Ne risulta in genere un profilo di uomo ricco di fede e di amore, premuroso nei riguardi della sposa e del figlio, attento alla volontà di Dio e ai suoi sogni, umile ed esperto lavoratore, coraggioso e fedele fino alla fine. Rappresentando la sua storia, attraverso il linguaggio cinematografico, sembra quasi di colmare dei vuoti, di poter cogliere quelle parole che il vangelo non riporta ma verosimili e che si sarebbero volute sentire dalla bocca di Giuseppe.
Il pittore p. Gianfranco Verri ha presentato i dipinti e i disegni di cui è autore e che raffigurano il santo. Si è servito di un DVD approntato per l’occasione che raccoglie ben 250 sue opere, realizzate con varie tecniche, dagli schizzi e dai bozzetti, al carboncino, alla tempera, all’acquerello e all’affresco. Probabilmente nessuno più di lui ha realizzato tante raffigurazioni di san Giuseppe, i cui originali si trovano in tante chiese e comunità, case e privati. La raccolta è stata suddivisa attorno a 19 soggetti (numero scelto di proposito) che ripercorrono la storia del santo, compresi alcuni momenti che raramente vengono rappresentati, tra cui: il primo piano del volto, l’annunciazione da lui ricevuta, l’incontro dei santi Sposi, il censimento, l’imposizione del nome di Gesù alla circoncisione, numerose scene della Santa Famiglia e della vita domestica a Nazaret, il ritrovamento di Gesù dodicenne, il rapporto col figlio adolescente come educatore ed istruttore, la discesa del Risorto agli inferi e l’incontro col padre terreno, la gloria di san Giuseppe ed il suo patrocinio universale sulla Chiesa.
La relazione della professoressa Stefania Colafranceschi è stata anch’essa sussidiata dalle immagini. Frutto di una ricerca personale ed accurata nell’iconografia in età moderna, il suo intervento ha illustrato un excursus sulla figura del santo come appare da dipinti ed icone degli ultimi secoli. San Giuseppe è stato presentato mettendo in rilievo il suo ruolo di maestro ed educatore nell’ambito della Santa Famiglia. Dalle raffigurazioni più famose a quelle più rare, si direbbe da “scoop”, è risultato un personaggio che ha richiamato in vario modo l’espressione artistica, tanto da occupare un posto di rilievo nella storia dell’arte, specialmente in tempi recenti. Pare quasi che il santo recuperi il suo spazio e trovi onore, quando altrove è piuttosto trascurato. Afferma la relatrice: “La figura di san Giuseppe, alla luce delle molteplici letture di cui la tradizione ha serbato memoria, ci viene restituita sotto una luce più vivida, con uno spessore umano e sacrale sorprendente; è un protagonista della storia biblica, dai tratti fortemente simbologici, espressivi del disegno divino”.
Nel pomeriggio è intervenuto Giovanni D’Oldenico che ha presentato brevemente il suo recente romanzo su san Giuseppe, che porta il titolo “Giusto” (ed. Marietti). E’ stata quindi la volta di fra Guglielmo Spirito, conventuale da Assisi, che ha parlato con intensità di una “paternità per l’uomo postmoderno”. Una paternità da riferirsi direttamente a Cristo da parte di Giuseppe e che non deve essere trascurata da noi che dobbiamo diventare come Cristo e giungere alla piena maturità di credenti. Si domanda il relatore: “Non è forse sottovalutato il compito di San Giuseppe in questo nostro maturare ad immagine di Cristo? Se siamo “figli nel Figlio”, non dovrebbe Giuseppe continuare in noi quello che ha fatto per la maturazione del suo Figlio?”. Un’esperienza forte di questa premura paterna di Giuseppe nel secolo scorso è quella del beato Andrea Bessette e della grande basilica fatta da lui edificare a Montreal in onore del Patrono della Chiesa universale: quante grazie e guarigioni si sono verificate con la sua intercessione! E il relatore ha concluso: “Giuseppe invita anche noi a cantare con lui e con il bambino, e a camminare con cuore integro, sperimentando questa paternità donata a noi, questa nostra filiazione che si riconosce nella paternità e proponendola esperienzialmente agli altri. Una paternità veritiera, consapevole, decisa, che sa anche ritirarsi perché l’altro cresca e diventi padre a sua volta… Come sperimentare la portata e la potenza di questa filiazione e di questa paternità in mezzo alle nostre incertezze e vulnerabilità? Frequentando assiduamente San Giuseppe, non potremmo trovare la risposta?”.
L’ultima relazione è stata tenuta da mons. Marco Frisina, direttore dell’ufficio liturgico diocesano di Roma e del coro di San Giovanni in Laterano. Autore di musiche sacre e profane, ha accompagnato diversi film (tra cui Giuseppe di Nazareth). L’anno scorso ha proposto un “oratorio su san Giuseppe” in onore di Benedetto XVI in occasione del suo onomastico. Ha presentato quindi il lavoro eseguito davanti al Papa e ha raccontato delle sue collaborazioni cinematografiche. Si è fermato pure per le conclusioni, momento finale coordinato dal giuseppino p. Pedro Olea. Tra le indicazioni emerse, anche dall’assemblea, sono emerse varie proposte: ricordare il calendario devozionale giuseppino (lo sposalizio il 23 gennaio, la fuga in Egitto il 17 febbraio, san Giuseppe lavoratore il 1 maggio, il transito il 20 luglio...), fare riferimento ai santi Sposi Maria e Giuseppe nei corsi per fidanzati, nella celebrazione delle nozze e negli anniversari di matrimonio, inserire il titolo “Sposa di Giuseppe” nelle litanie della Madonna, aggiungere nelle preghiere eucaristiche “con san Giuseppe suo sposo” dopo l’invocazione della beata vergine Maria, non omettere il ricordo del Patrono nel rosario, nei tempi liturgici di Avvento e Natale, nelle feste mariane ecc. Sono tante le cose che si possono fare, a cominciare dalle chiese e dalle comunità che si onorano del titolo di san Giuseppe. Sono tante le occasioni per collegare il santo alle sfide odierne sulla famiglia, la paternità, l’educazione, il lavoro, l’emigrazione, la laicità, la vita consacrata, la comunità ecclesiale, la buona morte… Un rilancio dunque di san Giuseppe nella Chiesa italiana, che si rifà alla teologia e alla spiritualità della “Redemptoris custos” – punto di ripartenza - e che si può attuare fin d’ora a livello pratico e creativo.

p. Angelo Catapano