mercoledì, luglio 25, 2012

IL MODELLO DELLA COPPIA

            Seguiamo il vangelo di Matteo, che racconta i fatti dall’ottica di san Giuseppe e lo rende protagonista nel tempo dell’infanzia del Signore. Siamo nell’anno zero, o secondo studi recenti, alcuni anni prima. Giuseppe sente la voce del Signore che gli dice: “non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo” (Mt 1,20). Ora capisce che quella è la sua vocazione. Per quella chiamata è stato scelto da Dio, per quella missione è stato preparato e immensamente amato dall’Eterno che ha creato cielo e terra. E’ una vera e propria rivoluzione della sua esistenza. Non contano la sua debolezza, la sua umana fragilità, le paure che può avere, il suo essere semplice e povero, un umile lavoratore nella vigna del Signore. Dio anzi ha guardato proprio alla sua umiltà – come quella della sposa -  e ne ha fatto un capolavoro. Come Abramo, lascia le sue sicurezze e crede all’incredibile, spera contro ogni speranza (Rom 4,18) e così diventa “padre nella fede” del nuovo popolo di Dio, di una discendenza numerosa “come le stelle del cielo e la sabbia del mare” (cf Gen 22,17), che si estende sulla Chiesa diffusa nel mondo. Nell’Anno della fede non è certo da dimenticare “il padre nella fede”.Sono interessanti le riflessioni di Giovanni Paolo II che pongono in parallelo la paternità di Giuseppe e quella di Dio sulla comunità cristiana: “La Chiesa professa e loda questa particolare ‘alleanza nella paternità’, nella quale Giuseppe di Nazaret ha avuto parte ancor più che Abramo. D’ora in poi avrebbe saputo che cosa dovevano significare nella sua vita e nella sua vocazione le espressioni del salmo ‘Egli mi invocherà: Tu sei mio padre’ (Sal 88)… Sono lieto di adorare oggi la paternità divina, che si è rivelata in modo mirabile in Giuseppe” (24.3.1985). Tutto il suo itinerario sarà un meraviglioso cammino di fede, esemplare per ognuno: una “peregrinatio fidei” simile a quella della sua sposa. La temperanza è la sua strada. Giglio di purezza, rappresentato dal bastone fiorito, diventa modello ammirevole per chi si sposa scegliendo la via del matrimonio e per chi si consacra nella vita religiosa.  Con tutte le energie si butta ad amare Maria e quel figlio che sta per nascere nel suo grembo. D’ora in poi il suo primo lavoro non sarà quello del mestiere che esercita, ma quello di essere padre e marito, servire, sostenere e proteggere il bambino e sua madre. E’ la scelta di un amore esclusivo per il figlio divino e di un amore verginale per la sposa, naturalmente concordato tra i due. La tradizione ebraica e il contesto sociale esaltano la fecondità come dono di Dio, mentre la sterilità viene ritenuta una disgrazia. In un modo tutto proprio, diverso da chiunque altro, i due sposi vivono castamente il loro rapporto coniugale nel rispetto del volere di Dio. E’ Lui che li ha scelti e coinvolti nel suo piano d’amore imperscrutabile; a Lui si donano insieme indissolubilmente. Sono tutti e due vergini e scelgono di appartenere totalmente e per sempre all’Eterno che ha posato il suo sguardo d’amore su di loro. Il discorso di Cristo su chi si fa “eunuco per il Regno dei cieli  e che molti non capiscono (cfr Mt 19,7-12) illumina pure la relazione di Giuseppe e Maria. Non credo sia necessario ricorrere a dei voti di verginità, specialmente prima dell’annunciazione, periodo in cui con tutta probabilità pensavano di sposarsi come tutti. La misteriosa frase di Maria “non conosco uomo” (Lc 1,34) può significare semplicemente: “non ho relazione sessuale con nessuno”. Per la comprensione della loro intima vicenda può essere sufficiente questa scelta verginale di coppia che compiono dal momento che si rendono conto che Dio li aveva scelti, unici al mondo, per l’incarnazione del Figlio divino. Osserva il papa Paolo VI: “San Giuseppe mise a disposizione dei disegni di Dio la sua libertà, la sua legittima vocazione umana, la sua felicità coniugale, accettando della famiglia la condizione, la responsabilità e il peso, e rinunciando per un incomparabile virgineo amore al naturale amore coniugale che la costituisce e la alimenta, per offrire così con sacrificio totale tutta la sua esistenza alle imponderabili esigenze della sorprendente venuta del Messia” (19.3.1969). Giuseppe fissa allora la data della festa di nozze. Nozze nella fede e nello Spirito Santo, che custodiscono il grande segreto dell’intervento di Dio nella storia. Il rito è molto semplice, si direbbe una consacrazione scambievole, che dichiara: “con questo anello, consacro me stesso a te secondo la legge di Israele”. Si danza e si fa il banchetto dello sposalizio. Certo non manca il vino che allieta il convito. Come è consuetudine, all’ora del tramonto, lo sposo a sera introduce nella sua casa la sposa, nella festa dei parenti e degli amici, con le vergini che portano le lampade accese e non si dimenticano l’olio per accogliere lo sposo e la sposa. La casa di Giuseppe doveva essere distante nemmeno 500 metri, secondo gli scavi archeologici eseguiti a Nazaret, essendo tale lo spazio che divide la chiesa dell’Annunciazione da quella di san Giuseppe (o della Nutrizione). Sono lieti anche per la parente Elisabetta, che ha partorito da poco un bambino di nome Giovanni, nonostante l’età avanzata. Racconta il Vangelo: “Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa” (Mt 1,24). D’ora in poi “prendere Maria per sempre nella propria casa”, sull’esempio di Giuseppe più ancora che dell’apostolo Giovanni ai piedi della croce, è la consegna di ogni cristiano. Imparare ad amare in maniera oblativa e non possessiva è la grande lezione che vale per tutti. Benedetto XVI dichiara: “Quando Maria riceve la visita dell’angelo all’Annunciazione è già promessa sposa di Giuseppe. Indirizzandosi personalmente a Maria, il Signore unisce quindi già intimamente Giuseppe al mistero dell’Incarnazione. Questi ha accettato di legarsi a questa storia che Dio aveva iniziato a scrivere nel seno della sua sposa. Egli ha quindi accolto in casa sua Maria. Ha accolto il mistero che era in lei ed il mistero che era lei stessa. Egli l’ha amata con quel grande rispetto che è il sigillo dell’amore autentico. San Giuseppe ci insegna che si può amare senza possedere. Contemplandolo, ogni uomo e ogni donna può, con la grazia di Dio, essere portato alla guarigione delle sue ferite affettive a condizione di entrare nel progetto che Dio ha già iniziato a realizzare negli esseri che stanno vicini a Lui, così come Giuseppe è entrato nell’opera della redenzione attraverso la figura di Maria e grazie a ciò che Dio aveva già fatto in lei” (18.3.2009). Anche per lui vale la disponibilità della sposa manifestata con i fatti: “Ecco il servo del Signore, avvenga di me secondo la tua parola”! (cfr Lc 1,38). Il grande mistero di Cristo unito alla Chiesa (cf Ef 5,32) trova qui la prima applicazione. I progetti di Dio su quella coppia e sull’intera umanità si stanno attuando. C’è da pensare che questa coppia di Giuseppe e di Maria rinnova quella delle origini della creazione, ossia Adamo ed Eva, ed inaugura il tempo della nuova ed eterna alleanza. Col loro sì ai piani di Dio si avvia la realizzazione messianica di colui che era atteso dai secoli. Possiamo affermare che questa è la coppia più importante della storia, con la quale comincia l’opera della Redenzione. La Redemptoris Custos, seguendo l’insegnamento di Paolo VI, afferma: “Ed ecco che alle soglie del Nuovo Testamento, come già all'inizio dell'Antico, c'è una coppia. Ma, mentre quella di Adamo ed Eva era stata sorgente del male che ha inondato il mondo, quella di Giuseppe e di Maria costituisce il vertice, dal quale la santità si espande su tutta la terra” (RC 7). Dobbiamo poi considerare che i due Sposi non vanno disgiunti. Vale pure per la loro coppia: “non osi separare l’uomo ciò che Dio ha unito!” (Mt 19,8). Purtroppo nella pietà dei fedeli spesso ci si ricorda della Madonna e ci si dimentica del suo Sposo, quasi che lei fosse una ragazza-madre! Da qui impariamo come la scelta di vita del matrimonio, appartenente alla maggioranza degli uomini, deve essere vissuta con serietà e nel rispetto del progetto divino. Il modello della coppia di Giuseppe e di Maria va debitamente presentato nei corsi prematrimoniali e nella preparazione alla paternità responsabile.
Angelo Catapano

sabato, luglio 14, 2012

LA VIA DELLA GIUSTIZIA

            Questo rapporto tra Giuseppe e Maria viene ratificato col contratto di matrimonio e la dote, secondo l’usanza ebraica e la legge mosaica. Prima di cominciare la coabitazione tra gli sposi, che in genere avveniva dopo un anno o alcuni mesi, ecco che accade l’inconcepibile: nel grembo di Maria “per opera dello Spirito Santo” (cf Mt 1,20; Lc 1,35) viene concepito il Figlio di Dio. L’annuncio dell’arcangelo Gabriele rivela alla Madre il progetto del Padre eterno per la venuta del Salvatore (cf Lc 1,26-38). A Giuseppe non è stato ancora rivelato e si dibatte in momenti drammatici. Disorientato, non trovando spiegazione davanti all’evidenza della gravidanza, non sa cosa fare e quale sia la scelta migliore. Essendo “giusto”, come lo definisce il Vangelo stesso (Mt 1,19), vuole fare ciò che è giusto, ossia la volontà di Dio, il solo Giusto e Santo. Il termine ebraico che viene usato, sadìq, ha una pregnanza tutta particolare ed è tutt’oggi un titolo di grande onore. Giuseppe ha imparato fin da giovane a confidare nel Dio dei suoi padri, a riporre solo nel Signore fiducia e speranza. Prega con il salmo: “Il giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano” (Sal 92,13). Ha fatto già sua quella beatitudine che sarà proclamata solo più tardi: “Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia perché saranno saziati”. (Mt 5,5). La giustizia è sinonimo di felicità, rettitudine, santità. Dice Benedetto XVI: “San Matteo caratterizza San Giuseppe con una parola: ‘era un giusto’…’giusto è l’uomo che è immerso nella Parola di Dio’, che vive nella Parola di Dio, che vive la legge non come giogo ma come gioia, vive la Legge come Vangelo” (20.3.2011). Può darsi che la sposa non gli rivela l’annunciazione per lasciar fare a Dio che interverrà al momento giusto. E’ Lui infatti che ha preso l’iniziativa per operare l’incarnazione e sa come portarla a compimento anche nel suo sposo. Giuseppe ama la sposa più di se stesso, crede alla sua innocenza e per lei farebbe qualunque cosa. Dire che Maria è la sua fidanzata o la sua “promessa sposa” è riduttivo, perché è già sua moglie, anche se non sono ancora andati a vivere insieme. Ma le cose sono cambiate a sua insaputa e forse non si sente degno di stare più al suo fianco. Misericordioso e osservante nel medesimo tempo, pensa di ripudiare la sposa segretamente, per non esporla alla vergogna davanti agli altri e alla punizione della lapidazione prevista dalla legge. Salta la sua scelta di vita, ogni suo desiderio più profondo, ogni programma a lungo accarezzato. E’ come se sbattesse davanti a un muro, con la veemenza dei sogni infranti. La sua vocazione non può essere più quella di prima. Aumenta la preoccupazione e gli pare impossibile rimanere ancora con lei. Gli sembra incredibile quello che sta succedendo. Gli pare di trovarsi in un tunnel senza via d’uscita. La notte si fa sempre più nera e dolorosa. Con le parole dei mistici, diciamo che si tratta di una vera e propria “notte oscura” che soffre intimamente. In questa situazione passa settimane o addirittura qualche mese, dopo il ritorno di Maria dalla visita alla parente Elisabetta. L’incertezza e lo smarrimento, il senso di vuoto e di fallimento, proprio in ciò che gli stava più a cuore con la scelta già fatta del matrimonio, lo attanagliano e non gli lasciano dormire sonni tranquilli. Ma ecco che la luce di Dio riempie la sua notte. L’angelo Gabriele porta a Giuseppe la Parola del Signore ed è questa la sua annunciazione. Non è solo un sogno. E’ la verità di Dio sulla sua vita e su quella del mondo intero. Capisce che non c’è notte che non possa essere vinta dal Signore. Il Signore lo chiama nel tempo del sonno, nelle sue notti insonni riempite di preghiera. Accetta con docilità e moltiplicato amore il progetto del Creatore a cui “nulla è impossibile” (cf Lc 1,37). Non deve aver paura. Non gli è chiesto di tirarsi indietro, al contrario. Il Cielo gli fa sentire la sua voce e gli indica il suo compito grandioso: prendere Maria come sposa, quel figlio divino come figlio suo! E’ il sogno di Dio che entra nei suoi sogni e gli affida una missione paterna unica al mondo. Proprio perché è unica, non è definibile e tutti gli aggettivi appaiono inadeguati. Non c’è da chiamarlo padre putativo, legale, adottivo, verginale, nutrizio, o inventarsi qualche altra definizione. Essere padre è ad ogni modo la sua chiamata speciale. Perciò pensare a san Giuseppe deve richiamare innanzitutto il suo ruolo paterno. Rappresenta tutti i padri della terra, di ogni tempo e di ogni luogo, nella loro funzione educativa e genitoriale. Rappresenta tutti gli educatori, che si prendono a cuore la crescita della gioventù. Rappresenta addirittura il Padre celeste accanto a quel figlio che gli viene donato. La sua paternità, come dichiara con chiarezza Giovanni Paolo II, è “autentica”. Anche Benedetto XVI sottolinea: “San Giuseppe manifesta la paternità in maniera sorprendente, lui che è padre senza aver esercitato una paternità carnale. Non è il padre biologico di Gesù, del quale Dio solo è il Padre, e tuttavia egli esercita una paternità piena e intera. Essere padre è innanzitutto essere servitore della vita e della crescita. San Giuseppe ha dato prova, in questo senso, di una grande dedizione” (18.3.2009). E’ “padre davvero” di Gesù, sebbene non in forma carnale. Assume, davanti a Dio e agli uomini, il suo compito di padre, in piena coscienza e responsabilità. Se proprio si vuole distinguere potremmo chiamarlo “padre terreno” rispetto al Padre celeste. La via è aperta: perseguire un sogno da realizzare, un ideale da vivere, avere una meta da raggiungere, è la cosa giusta nella crescita di ognuno. Lottare per la giustizia e fare ciò che è giusto è il progetto di vita da portare avanti; passare dal disorientamento alla chiarezza del traguardo è fondamentale; assumersi le proprie responsabilità è l’opzione educativa che si apprende dalla vicenda di Giuseppe: padre giusto e sognatore per eccellenza ma con i piedi per terra. La via della giustizia è quella che lui percorre e che indica a chi lo segue.
Angelo Catapano

venerdì, luglio 06, 2012

LA CHIAMATA ALL'AMORE

            Risaliamo a circa un ventennio prima di 2000 anni fa, in un piccola località della Galilea, in Palestina, al tempo dell’impero romano, precisamente a Nazaret. E’ quello il luogo dove abita Giuseppe, terra  che lo distinguerà, come anche il suo figlio e i familiari, indicati come galilei e nazareni. Non sono lontani il lago di Tiberiade, Cana, Sefforis, Cafarnao, Magdala... Succede allora, in quel villaggio, un evento che possiamo considerare il fatto più importante della storia, quello che la divide in due: prima e dopo Cristo. Giuseppe ha circa 18-22 anni. E’ di bell’aspetto, con la barba e i capelli neri; porta forse due boccoli attorcigliati ai lati (peot), come usano ancor oggi gli ebrei ortodossi. E’ ormai in età da marito. Bisogna dire che a quei tempi nella mentalità ebraica è considerata una vergogna per un giovane a vent’anni il fatto di non essersi ancora sposato. Il Talmud, che raccoglie la tradizione orale degli ebrei, prevede che gli uomini a 18 anni siano pronti per il matrimonio. Non dobbiamo assolutamente accettare la versione degli apocrifi, fantasiosi e poco rispettosi della figura di Giuseppe, che lo rappresentano come anziano, addirittura vedovo con altri figli e raccontano episodi miracolistici inverosimili. Forse hanno pensato di spiegare così i cosiddetti “fratelli di Gesù”, che però sono da intendere più genericamente come cugini o parenti. Questi racconti sono invenzioni che non hanno nulla a che vedere con la storia e la veridicità dei fatti. Purtroppo hanno avuto influsso sull’arte nei secoli, ma giustamente la Chiesa nella sua sapienza non li ha accolti. Basiamoci piuttosto sui quattro Vangeli, per quanto scarni, e sull’autentica Tradizione del magistero e la testimonianza dei santi. Giuseppe è figlio di Giacobbe secondo Matteo (o di Eli secondo Luca). Come tutti i giovani ebrei del suo tempo, è giovane e  decide di sposarsi con Maria, una bella ragazza anche lei giovane, probabilmente sui 15-16 anni. Il periodo del fidanzamento, e quindi dell’affettuoso avvicinamento tra i due, dev’essere stato affascinante e rimane avvolto nel segreto, non conoscendo dettagli in proposito. Il Cantico dei cantici, poema della Sacra Scrittura che verte sull’amore, in più punti può essere applicato anche a Giuseppe e a Maria, i quali diventano così l’emblema della coppia innamorata che si rincorre. Nell’amore umano è rappresentato in profondità l’amore di Dio. In nessuna coppia di fidanzati più che in loro due brilla la scintilla splendente di Dio Amore. Sentiamo come sgorgate dal loro cuore diverse espressioni: Una voce! L'amato mio! Eccolo, viene saltando per i monti, balzando per le colline. Àlzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto! Perché, ecco, l'inverno è passato, è cessata la pioggia, se n'è andata; i fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna… Tutta bella sei tu, amata mia, e in te non vi è difetto. Tu mi hai rapito il cuore, sorella mia, mia sposa, tu mi hai rapito il cuore con un solo tuo sguardo… Dov'è andato il tuo amato, tu che sei bellissima tra le donne? Dove ha diretto i suoi passi il tuo amato, perché lo cerchiamo con te? L'amato mio è sceso nel suo giardino fra le aiuole di balsamo, a pascolare nei giardini e a cogliere gigli… Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l'amore, tenace come il regno dei morti è la passione: le sue vampe sono vampe di fuoco, una fiamma divina!Le grandi acque non possono spegnere l'amore né i fiumi travolgerlo. Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell'amore, non ne avrebbe che disprezzo” (cfr Ct 2, 4, 6). Si può affermare che per tutti gli innamorati, per i fidanzati di ogni tempo e di ogni luogo, rimane emblematico il rapporto tra Giuseppe e Maria. Sicuramente tra i due personaggi ci sarà stato grande affetto e tenerezza. Cuore e spirito battevano all’unisono, il loro amore cresceva diventando sempre più perfetto. Rimane un esempio per tutti. Il papa Benedetto XVI invita: “Voi che siete sposati, guardate l’amore di Giuseppe per Maria e per Gesù; voi che vi preparate al matrimonio, rispettate la vostra o il vostro futuro coniuge come fece Giuseppe; voi che vi siete consacrati a Dio nel celibato, riflettete sull’insegnamento della Chiesa nostra Madre” (19.3.2009). Mettere l’amore al primo posto nella propria vita, ponendosi al servizio del bene dell’altro/a, è in verità il cuore dell’insegnamento di ogni educatore ed è ciò che qui si impara. In riferimento a questo insegnamento Giovanni Paolo II scrive nella Lettera alle famiglie: “Maria è entrata per prima in questa dimensione, e vi ha introdotto pure il suo sposo Giuseppe. Essi sono così diventati i primi esemplari di quel bell’amore che la Chiesa non cessa di invocare per la gioventù, per i coniugi e per le famiglie” (n. 20). Rispondere alla chiamata all’amore è dunque il primo passo da fare seguendo l’esempio di san Giuseppe.
Angelo Catapano