ECLISSE DI SAN GIUSEPPE
Sebbene san Giuseppe rimanga tra i santi più popolari, sembra che da una trentina d’anni a questa parte assistiamo ad un’eclisse della sua figura. Diciamo che dopo un secolo fiorente, all’incirca tra il 1870 e il 1970, in cui si è affermata maggiormente la sua devozione, oggi appare un personaggio defilato, continuamente in ombra e il più delle volte trascurato. Complice il fatto che in Italia dal 1977 il 19 marzo non è più giorno festivo.
Dopo la proclamazione del nostro santo a Patrono della Chiesa universale, che risale a Pio IX nel 1870, e del Concilio Vaticano II, grazie a Giovanni XXIII nel 1962, sembra che si sia stesa una cortina di silenzio. I Papi nominati, in felice coincidenza, sono stati abbinati nella loro beatificazione e a motivo del loro amore per san Giuseppe li troviamo ambedue dipinti nell’abside del nostro santuario. Certo non sono mancati autorevoli pronunciamenti pontifici anche in seguito, sia con Paolo VI che con Giovanni Paolo II, che ci ha lasciato in eredità la preziosa esortazione apostolica “Redemptoris custos”. Dal 1970 si sono poi organizzati nove simposi internazionali che hanno rinnovato l’interesse per san Giuseppe, almeno da parte degli studiosi. Ciononostante, dopo il Concilio, si è verificato praticamente un declino di attenzione e devozione verso lo Sposo di Maria. Il passaggio ad una nuova ecclesiologia, forse ad un malinteso cristocentrismo, a più corrette forme di espressione della liturgia e della pietà popolare, ha portato talvolta (come si suol dire) a buttare “l’acqua sporca col bambino”. Così ci ha rimesso pure il nostro santo, che molti hanno messo da parte… insieme al suo Bambino!
D’altronde il problema è più grande se si riscontra che la fede si affievolisce e va affermandosi un relativismo che sfugge ad ogni certezza, quasi che la verità non esista più e tutto sia opinabile. Una volta scrollato il peso di formule devozionali, scarsamente fondate sulla Parola di Dio, su Cristo e sulla Chiesa, sulla sua realtà di popolo di Dio in cammino, nel perseguimento della giustizia e della fraternità, bisogna ripartire col piede giusto. Se guardiamo con occhi nuovi a san Giuseppe in tale prospettiva, ci avvediamo come è radicata nel Vangelo la sua figura, come è profondamente innestata all’inizio della Redenzione, come è pienamente inserita nel mistero di Cristo e della Chiesa, come emerge il suo compito singolare di “ministro della salvezza”, come ci è davanti congiunto a quello di Maria il suo modello insuperabile di santità, come sia necessario ripercorrere la sua via per andare avanti nella missione affidata ad ogni credente e alla comunità cristiana. Allora sì che risalta il nostro santo ed acquista la sua dignità.
Dispiace se viene ridotto ad un santino tra i tanti da tenere in tasca, a una devozione di cui si può fare a meno, a pia tradizione ormai d’altri tempi, ad una cornice del presepio appaiata al bue e all’asinello. Dispiace se viene staccato da Gesù, il Figlio di Dio per il quale ha fatto da padre, o da Maria, la Madre di Dio affidatagli in Sposa. Dispiace se è assente dalla catechesi e dalla predicazione, se non è invocato nella preghiera eucaristica e nel rosario, se nelle chiese non c’è nemmeno una sua immagine, se non si continua a dare il suo nome nel battesimo. Dispiace se ci si dimentica di affidargli la Chiesa, di cui è Patrono universale, le famiglie, i genitori e i figli, i lavoratori e gli educatori, i coniugi e i consacrati, i giovani e gli anziani, i poveri e gli oppressi, di cui è straordinario modello ed intercessore. E’ vero che san Giuseppe viene definito il “santo del silenzio”, e il suo destino è sempre stato quello di vivere nell’ombra, già nella sua esistenza a Nazaret e poi nell’arco dei secoli, ma non è giusto che noi facciamo silenzio su di lui e non portiamo alla luce la bellezza della sua santità. Tanto più noi che ci riteniamo suoi devoti, figli ed amici. Tanto più nel mondo e nella Chiesa di oggi, che ha bisogno della sua protezione e del suo esempio.
Angelo Catapano
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