LA FORTUNA DI SAN GIUSEPPE - Intervista a p. Tullio Locatelli
Non ti sembra che ci sia oggi una "eclisse" della figura di san Giuseppe?
L’eclissi non riguarda solo san Giuseppe. La fotografia delle nostre chiese mostra tante luci e tante ombre, tra queste ultime l’ignoranza religiosa occupa una buona parte. C’è un grande sforzo di catechesi, una buona presenza di movimenti ed associazioni, si parla della riscoperta della Parola di Dio, e tuttavia, a 40 anni dal Concilio Vaticano II, si nota una diffusa indifferenza religiosa, un lasciare la chiesa nell’età della giovinezza e della maturità, la separazione tra il credere e l’agire morale. In questo contesto l’evangelizzazione deve riparlare di Cristo e del Vangelo. San Giuseppe non può essere il solitario protagonista di un annuncio se manca il contesto dell’annuncio stesso. Certo la sua figura può essere più presente quando si trattano i temi della famiglia e dell’educazione. E poi non dimentichiamo il consiglio del servo di Dio don Eugenio Reffo: Imparare da san Giuseppe ad amare Maria ed ad amare Gesù.
Quali aspetti del suo modello di santità appaiono maggiormente di attualità?
L’attualità di san Giuseppe ci si presenta ogni volta che parliamo di famiglia, di educazione, di servizio come ubbidienza fondamentale ad un progetto che non è nostro. San Giuseppe è l’uomo che lascia da parte i suoi progetti e diventa disponibile al progetto di un altro, mettendo a disposizione se stesso totalmente. La nostra cultura ci ha troppo concentrati su noi stessi e su i nostri singoli “io”, che difendiamo a denti stretti. San Giuseppe propone la capacità di uscire da se stessi, il rischio di mettersi a disposizione, la generosità di dire di sì. Sono questi alcuni tratti provocatori di questo santo, troppo spesso tradito perché rappresentato come strumento passivo o quasi, come attore secondario e dietro le quinte, quando poi non lo si fa sparire del tutto. In una chiesa a Natale 2005 ho visto presso l’altare un bel bambino Gesù con accanto Maria, in contemplazione del Figlio. Non c’era san Giuseppe, eppure la Madonna non era già… vedova e quel bambino non ancora… orfano.
Per la congregazione dei Giuseppini il 2006 è l'anno del Capitolo. Il nostro santo ha qualcosa da dire?
Ogni capitolo generale è chiamato ad esprimere una fedeltà creativa che fa tesoro delle radici, legge il presente e programma il futuro. San Giuseppe va certo più riscoperto nelle motivazioni per cui fu scelto come nostro patrono e più attualizzato come modello di educatore nel contesto presente. C’è bisogno di portarlo un poco più al centro del nostro essere ed operare da giuseppini del Murialdo. Ad esempio: spesso ci diciamo che c’è in noi un deficit di fede. San Giuseppe è l’uomo ubbidiente nella fede, capace di ascoltare il Signore e di fare quanto gli è chiesto. Mi piacerebbe avere la grazia e la fortuna di san Giuseppe: dormire per sognare e nel sogno capire cosa il Signore chiede. Dormire come capacità di far tacere i nostri discorsi, i nostri programmi, i nostri desideri, i nostri ragionamenti… e iniziare a sognare. Ma chissà se ancora siamo capaci di sognare.
Quale raffigurazione di san Giuseppe ti piace di più?
Sono stato ultimamente a Genova e ho visto l’opera artistica dello scultore Guido Galletti. Ci sono tre statue di san Giuseppe con Gesù. Nella prima san Giuseppe alza verso il cielo il piccolo Gesù: è un gesto ricco di gioia e di orgoglio, come quello di un papà che va fiero di suo figlio. Una seconda statua presenta san Giuseppe intento ad insegnare a Gesù a camminare, quasi preoccupato che non cada ma anche attento a far sì che inizi a camminare da solo. Quindi una terza statua: un Gesù adolescente, quasi alto come san Giuseppe, in colloquio confidenziale con il padre; sembra che si stiano scambiando confidenze e segreti, quasi un passaggio di consegne tra padre e figlio. Tre momenti diversi che rappresentano le tappe del crescere di Gesù accanto a san Giuseppe e del servizio che san Giuseppe rende a Gesù: come padre, come educatore, come colui che deve diminuire perché Gesù deve crescere. Una bella immagine del giuseppino del Murialdo educatore dei giovani che sa interpretare e rispondere ai giovani nel variare delle tappe della loro vita.
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