domenica, luglio 02, 2006

INATTUALITA' DI SAN GIUSEPPE

Vorrei parlarvi dell'inattualità di San Giuseppe.
Avete capito bene: non dell'attualità, ma dell'inattualità di questo Santo, di quanto sia anacronistico per il tempo e la cultura che respiriamo e di cui viviamo.
A ben guardare, da un certo punto di vista, tutti i santi sono un po' anacronistici: ci mettono davanti valori e scelte di vita davvero fuori moda, del tutto contro corrente: ma sotto questo aspetto mi pare che San Giuseppe li batte tutti.
È, per esempio, uno che non ha mai parlato: è il Padre terreno di Gesù, il Salvatore e Messia, eppure non una parola sua nei Vangeli, non una sentenza.
È il Santo del silenzio.
E anche del nascondimento, dell'umiltà.
Dopo un inizio un po' tumultuoso del suo compito di padre terreno di Gesù – va’ in Egitto e portati il bambino; torna indietro a Nazareth perché il pericolo è passato - nulla si sa più di lui. se non che, quando Gesù ebbe 12 anni, fece un po' tribolare suo padre e sua madre perché sparì per tre giorni stando ad ascoltare e ad insegnare fra i dottori del tempio.
Poi più nulla. Non sappiamo poi più nulla di San Giuseppe, se non che Gesù stette nella sua bottega di falegname fino a circa trent'anni, quando iniziò la sua vita pubblica.
Non ci è detto quando Giuseppe morì, né come; non appare mai comunque nella vita pubblica di Gesù.
Una vita ordinaria, assolutamente feriale; senza il clamore della cronaca, senza il pregio della notorietà, senza il suggello del successo.
Che attualità può avere un uomo del genere per un mondo e una cultura dove sembra che il successo, la notorietà e il clamore siano valori quasi assoluti, dove l'apparire sembra più importante che l'essere?
Inattuale, San Giuseppe, inattuale.
E poi, per quel poco che ne sappiamo, il paradigma fondamentale della sua vita fu l'obbedienza. Cioè l'atteggiamento di fondo per cui lui trovò il senso della vita e la sua pienezza non andando a disegnarsi i suoi giorni come a lui meglio piaceva, e valutandoli a seconda della sua convenienza e del suo piacimento, ma ricevendoli ogni giorno come dono e mistero dalla mano di Dio, e cercando di entrare con amore e generosità in un senso che Altri dava di giorno in giorno alla sua vita, senza chiedere di più, senza pretendere di più.
Fece dell' obbedienza una virtù e un senso: e non fu un' obbedienza facile, ma vissuta nel mistero, io credo anche nel dubbio talvolta o nell' angoscia (la pagina del vangelo che abbiamo appena letto ne è una prova).
Come presentare un uomo così, un Santo così a noi che cerchiamo senso e soddisfazione nel" self made men", nel costruirci da noi stessi il nostro destino, senza mendicare risposte altrove che in noi, senza voler dipendere da nessuno, senza dovere nulla ad altri?
Ed infine, e qui siamo davvero nel paradosso, quest'uomo fu un vergine nel senso pieno della parola, pur essendo sposo della Vergine Maria. .
E non credete ad una certa iconografia che ce lo presenta; come un vegliardo che fu accanto a Maria più come custode della Verginità di lei che come marito e sposo.
Era un uomo nel pieno del suo vigore, che seppe amare pienamente ed intensamente e Maria e Gesù, ma senza chiedere nulla per sé, consapevole di essere alla presenza di un mistero che lo superava e disposto per questo ad ogni sacrificio.
Come presentare il valore della verginità e la sua bellezza e la ricchezza della testimonianza di San Giuseppe quando - lo sappiamo - i nostri pensieri, le nostre scelte vanno in tutt' altra direzione?
Insomma questo santo è assolutamente fuori moda: impresentabile.
Che mai può dire San Giuseppe al nostro mondo pieno di convulsioni frenetiche e di chiasso, di smania di protagonismi, di eccessi di ogni genere sbandierati come normalità, di affermazione puntigliosa dei diritti dell'io, di sessualità vissuta senza pudore, senza amore e senza tenerezza?

Eppure ora io vi chiedo - perché so della vostra intelligenza e della vostra sensibilità - il coraggio di un confronto onesto e sincero della vostra vita, delle vostre scelte e dei vostri desideri con questo modello.
Vi chiedo di accettare la vita di questo uomo, di questo Santo come una provocazione.
Perché quel che ci fa ricchi dentro e quel che ci avvicina alla Verità non è il rapporto con idee, mentalità e testimonianze che omologano e giustificano i nostri comportamenti, ma, soprattutto il confronto con ciò che mette in rilievo il limite del nostro pensare e del nostro vivere.
Un limite, del resto, che noi forse talvolta avvertiamo, quando assumiamo la responsabilità di qualche momento di riflessione un po' meno superficiale; quando più ci pesa la fatica di indossare ogni giorno maschere per nasconderci a ciò che siamo veramente e per apparire agli altri come le convenzioni impongono; quando, anche nelle relazioni con gli altri e con noi stessi sentiamo che ci stiamo buttando un po' via e avvertiamo nostalgia di purezza e di innocenza.
San Giuseppe è una provocazione, che contesta il nostro limite, ma anche che ci consente di onorarlo, perché si presenta a noi come un cammino fatto di onestà intellettuale e morale.
È così inattuale, così impresentabile la figura di questo Santo da essere, io credo, assolutamente necessaria per tutti noi, all'interno delle nostre certo diverse esperienze di fede e di vita.
Necessaria al nostro cammino verso la verità tutta intera, che Lui Giuseppe ha avuto vicino in Cristo Gesù.
Si può anche pregare Dio, invocando San Giuseppe: ci sono altri santi che, nella loro fede e nella loro preghiera, hanno fatto l'esperienza di una intercessione così potente di San Giuseppe da affermare, come Santa Teresa d'Avila, che ogni preghiera rivolta a Dio per sua intercessione sempre è stata accolta.
Io prego San Giuseppe per tutti voi, quasi facendo a lui il nome di ciascuno: perché ciascuno è un figlio caro al cuore del Padre, un figlio come Gesù, caro al cuore di Giuseppe.


Mario Aldegani