lunedì, dicembre 03, 2007

COME IL TRAGITTO DI UNA STELLA


Come dice la presentazione in copertina, coniugando l’esperienza del grande scrittore con le intuizioni del credente, Ferruccio Ulivi - ben conosciuto in letteratura italiana – si cala nell’anima di Giuseppe, il falegname di Nazareth. Si aggira nell’ambito della sua quotidianità. Racconta la sua storia d’uomo semplice e giusto, di santo non eroico, dalla giovinezza celibataria alle nozze con Maria, dalla nascita di Gesù fino allo spegnersi del suo soffio vitale. Libero ma rispettoso nei confronti dell’esegesi biblica, l’autore si stacca dagli stereotipi sulla mansuetudine e la taciturna pazienza del “vecchio padre putativo”. Fin dal suo affacciarsi all’orizzonte del romanzo, il giovane Giuseppe rivela un’umiltà che non esclude affatto la fierezza, le passioni e i sentimenti. Egli sa di discendere dalla stirpe regale di Davide e si sente chiamato ad una missione provvidenziale. Sogni simili ad apparizioni, in cui il messaggero s’identifica con l’antico re d’Israele, gli preannunciano un destino salvifico. Ma qual è, in concreto, il suo “carisma”? Anziché dissolversi, il mistero si infittisce nella convivenza, nutrita di intensi colloqui, con la moglie e il figlio.
Eccone uno squarcio. Gli dice Gesù dodicenne, dopo il ritrovamento a Gerusalemme: “So che cosa pensi, padre. Lo so, e ne soffro anch’io. Ho avvertito il richiamo che mi hai lanciato nella tua solitudine. Il cuore mi balza verso di te. Ma non c’è tenerezza che basti, anche questo so. E comincio a capire anche un’altra cosa: che su questa terra sono venuto a portare, credo, il mio dono… Il tuo, il mio dolore, è anche il dolore di tutti. E non c’è rimedio. E bisogna mettere a rischio tutto, anche la vita, perché ci sia concesso uno spiraglio di felicità, che del resto non sarà mai perfetta. Vedi, sono queste le cose che ci ispira il Padre che è nei cieli. Di questo ho parlato coi dottori al Tempio. Non ti dispiaccia che ricordi quel giorno. L’abbandono che ho fatto di voi era il prezzo di una conoscenza che dovevo provare prima di tutto sulla mia pelle” (pp. 125-126). Gli dice Maria: “Ho pensato spesso, a lungo, al vincolo che ci unisce. E ti dico in coscienza che non sento di dovermi rimproverare qualcosa. Non siamo noi che scegliamo la strada da percorrere. C’è chi lo fa in vece nostra infinitamente meglio. L’uomo, o la donna, si domanda perché l’abbia fatto. Ma la risposta non ci compete; la coscienza deve seguire sicura, anche se ignora il cammino. Una mano è pronta a sostenerci nei punti facili e in quelli scabrosi. E’ come il tragitto di una stella. Le profondità del firmamento, o mio amato, non ci sgomentano. La confidenza tra noi è senza limiti, ma tutto è affidato alla stessa mano che regola il cammino degli astri” (pp. 145-146). Conclude Giuseppe: “Io sono un uomo umile, e ho capito soltanto questo: che ho un compito, un dovere preciso da assolvere. Qui è il mio banco di prova… Vedi, Maria, le tue parole per me sono sacre, e io accetto tutto da te senza tirarmi indietro” (pp. 147-148).

FERRUCCIO ULIVI, Come il tragitto di una stella, Edizioni San Paolo, pp. 222

1 Comments:

At 6:16 AM, Blogger etendard said...

bellissimo. ne copio un brano sul mio blog. grazie

ciao
etendard

 

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