giovedì, novembre 18, 2010

MONTREAL E BARCELLONA


Arriverà un giorno
nel quale si pubblicheranno le meraviglie
che Dio ha operato in san Giuseppe:
una immensa allegria
invaderà allora la chiesa militante,
quando conoscerà chiaramente la santità di san Giuseppe.
Lo Spirito Santo non lascerà di muovere i cuori dei fedeli
fino a che la chiesa non onori san Giuseppe con nuova e crescente venerazione
innalzando chiese e altari in onore di lui;
perché tutte queste cose sono state misticamente annunciate.

fra Isidoro Isolano OP (1522)


Si manifesti ai tuoi servi la tua opera
E il tuo splendore ai loro figli
Salmo 89, 16


Assisi, 09 novembre 2010.

MONTREAL, domenica 31 ottobre 2010.
Nello stadio che ha ospitato i Giochi Olimpici nel 1976, più di 50.000 persone, guidate dal Cardinale Jean-Claude Turcotte, Arcivescovo della città, hanno ringraziato Dio per la canonizzazione del primo santo del Canada, frère André, avvenuta il 17 ottobre in Piazza San Pietro in Vaticano.
Con centinaia di giovani di tutte le parrocchie della Diocesi di Montreal e persone handicappate vicino all'altare, e alla presenza del Primo Ministro del Canada, e del Primo Ministro della provincia del Québec, l'Eucaristia ha visto riuniti quasi 60 Vescovi di tutta la Nazione.
Nella sua omelia, il Cardinal Turcotte ha detto che sebbene frère André -il cui nome di battesimo era Alfred Bessette (1845-1937)- sia vissuto prima delle profonde trasformazioni degli anni Sessanta che hanno interessato la società e la chiesa canadesi, la Chiesa con la sua canonizzazione non lo presenta ai fedeli del mondo soltanto per quello che è stato, ma per ciò che il nuovo santo è per le donne e agli uomini di oggi.
Frère André, umile fratello portinaio, diventa apostolo dei deboli e dei sofferenti e taumaturgo del corpo e dell’anima, con un riferimento preciso: san Giuseppe. Lui fa tutto a nome del suo amico e confidente di Nazareth.

Frère André, nous t’acclamons:
Dieu t’ha choisi depuis toujours.
Grand ami de saint Joseph
Prie pour nous dans la gloire…

Fratel André, noi ti acclamiamo:
Dio ti ha scelto da sempre.
Grande amico di san Giuseppe
Prega per noi nella gloria…

Con queste parole di Madeleine Dubé. OP, abbiamo cantato durante la solenne veglia di preghiera a Sant’Andrea della Valle, la vigilia della canonizzazione, a Roma. Ripetutamente, insistentemente, come gocce di pioggia dorata sul cuore –a modo di canone di Taizé- mentre sentivamo che
Va via del tutto il miserabile humus…
lavato in migliaia d’acque, filtrato nei canali,
perché lasci piano sul fondo del mio solco
la tua sabbia d’oro, dolore torchiato…
come disse il poeta romeno Vasile Voiculescu.

L'amore per San Giuseppe ha fatto sì che frère André costruisse la più grande basilica del Canada, e la più grande del mondo dedicata a San Giuseppe: L’Oratoire Saint-Joseph de Montréal. “Lourdes canadese” e “capitale mondiale del culto a san Giuseppe” la chiamò Giovanni Paolo II. Iniziata come un piccolo oratorio nel 1904, venne solennemente consacrata il 17 ottobre 2004, durante i festeggiamenti per il centenario dell’Oratoire.

Grazie alla sua fiducia in qualcuno di più grande, di più potente di lui fratel André poteva dare sollievo ai suoi visitatori. Spesso dava sollievo al loro corpo ma sempre al loro cuore, a coloro che sapevano accogliere nella loro vita il suo grande amico san Giuseppe. Non ha mai smesso di dire a coloro che chiedevano il suo aiuto: “pregate san Giuseppe”.

In una delle frequenti visite all’Oratoire da parte del beato Frédéric Jansoone OFM, francescano delle Fiandre francese -della Custodia di Terra Santa, per lunghi anni in Canada-, questi dice a frère André:
“Ricordati che non sei che un istrumento del buon Dio per le meraviglie che si compiono qui per mezzo di san Giuseppe. Mantieniti nell’umiltà se vuoi che l’opera prosperi, e nell’obbedienza!”. Fratel André tira fuori dalla tasca una statuetta di san Giuseppe, e sorridendo all’amico, risponde: “Non c’è pericolo: ho san Giuseppe in tasca!”.
Padre Frédéric disse poi ai numerosi terziari che lo accompagnavano: “frère André è veramente un santo. Vedrete qui grandi cose”.
Ma fu André a dover testimoniare nella causa di beatificazione dell’amico francescano, morto nel 1916, dicendo: “Sono convinto che era un santo”. In effetti, è stato beatificato nel 1988…


BARCELONA, domenica 7 novembre 2010.
Messa di dedicazione della chiesa e dell'altare della Sagrada Familia, “meravigliosa sintesi di tecnica, di arte e di fede”, Nell’omelia Papa Benedetto XVI, disse con commozione ai partecipanti:
“La gioia che provo nel poter presiedere questa celebrazione si è accresciuta quando ho saputo che questo edificio sacro, fin dalle sue origini, è strettamente legato alla figura di san Giuseppe. Mi ha commosso specialmente la sicurezza con la quale Gaudí, di fronte alle innumerevoli difficoltà che dovette affrontare, esclamava pieno di fiducia nella divina Provvidenza: "San Giuseppe completerà il tempio". Per questo ora non è privo di significato il fatto che sia un Papa il cui nome di battesimo è Giuseppe a dedicarlo.
L'iniziativa della costruzione di questa chiesa si deve all'Associazione degli Amici di san Giuseppe, che vollero dedicarla alla Sacra Famiglia di Nazaret. Da sempre, il focolare formato da Gesù, Maria e Giuseppe è stato considerato una scuola di amore, preghiera e lavoro. I patrocinatori di questa chiesa volevano mostrare al mondo l'amore, il lavoro e il servizio vissuti davanti a Dio, così come li visse la Sacra Famiglia di Nazaret.”

L'incarico della costruzione della Sagrada Familia Gaudì lo ricevette nel 1883, quando aveva 31 anni. Una Associazione di devoti di san Giuseppe, sorta nel 1866, voleva costruire un tempio dedicato alla Sacra Famiglia. Venne scelto Gaudì, che accettò l'incarico e si appassionò a quel lavoro, che divenne la ragione della sua vita. Il progetto iniziale venne da lui stravolto in un progetto nuovo, stupefacente, studiato nei minimi dettagli. Un'opera mastodontica, che avrebbe richiesto una montagna di soldi, ma che poteva invece contare solo sulle scarse sovvenzioni dell'Associazione di san Giuseppe. E Gaudì si aggrappò a quel santo, di cui era molto devoto. Ogni giorno lo pregava, lo proclamò amministratore della sua opera e prima di morire disse che “l'opera era stata fatta da san Giuseppe".

In certi momenti, quando i soldi mancavano del tutto, Gaudì si trasformò in mendicante. Andava per le strade di Barcellona a chiedere la carità. Molti ritenevano che fosse impazzito. Non riuscivano a concepire che un uomo del suo genio, che avrebbe potuto avere enormi ricchezze se solo si fosse applicato ai progetti che la ricca borghesia gli chiedeva, pensasse invece solo a quel 'tempio' che forse non sarebbe mai stato portato a termine. Ma lui non badava alle chiacchiere. Con l'aiuto delle offerte della povera gente, continuò a costruire. “Questo tempio verrà finito da san Giuseppe”, diceva. “Nella Sagrada Familia tutto è frutto della Provvidenza, inclusa la mia partecipazione come architetto".

La causa di beatificazione di Antoni Placid Guillem Gaudì (1852-1926) è in corso…

il portinaio franco canadese e l’architetto catalano, coetanei ma sconosciuti l’uno all’altro, condividono un legame inusitatamente forte con l’ebreo Giuseppe di Nazareth.
Che sia un segno dei tempi?
All’uomo del XXI secolo, questi due testimoni, questi due amici del falegname nazareno, cosa indicano a un mondo post-moderno smarrito, orfano?
La paternità? In primis, senza dubbio.
La fiducia?
L’amicizia?
La propria e altrui umanità, redenta;la divinoumanità del Figlio;
la nostra condizione –regale- di figli nel Figlio.
Senza ombra di dubbio. Doni per l’oggi, in questo frangente periglioso della storia. Mia. Tua. Nostra.

Loro, come lui, mettono i criteri di Dio e le sue scelte al primo posto. Per poi adeguare le loro scelte a quelle di Dio. E non viceversa.

O Signore, infelice passa la mia vita,
e m’ha sfinito il Tuo misterioso gioco.
Tu sei presente in tutto ciò che accade,
non Ti nascondi, ma non Ti si può trovare.
Perché le Tue lontananze non son lontano,
sei dappertutto, perdoni, guidi, accarezzi.
Un filo di capello da Te mi divide,
ma, ciononostante, al di là d’ogni cosa, al di là rimani.

Loro, come lui, non sono stati risparmiati dalle angosce e turbolenze della vita. Notti insonni, lutti, titubanze, migrazioni, smarrimenti, stanchezza, povertà sono intessute con le fibre delle loro vite; colori opachi, dimessi, sbiaditi, assieme a quelli esplosivi, raggianti, dolori carichi di speranza, come la pietra aurifera di Voiculescu:

Mi preparo già a schiacciarti, dolore,
come una pietra delle venature d’oro,
che, pesandola, pende con più forza,
quanto più in essa tiene, nascosto, il suo tesoro.

In loro, come in Giuseppe, la fede riesce vittoriosa, non ostante tutto: le inverosimili pretese della fede, come la cantano i padri siriaci:

Giuseppe dormì e l’angelo arrivò:
la voce gli fornisce i raggi di luce,
e egli accolse il Misericordioso
che spogliandosi della gloria e indossando un corpo
volle essere avvolto in fasce
per rivestire Adamo di quella gloria dalla quale si era spogliato.

…. . …

Y asi, todos entienden que José calla
porque el Verbo divino es su Palabra!

E così tutti capiscono che Giuseppe tace
Perché il Verbo divino è la sua Parola!, come scrisse la poetessa messicana suor Juana Inés de la Cruz.

Giuseppe, il padre che deve esaurire tutto se stesso nel rappresentare, nella famiglia di Nazareth, il volto del unico Padre: la Sua provvidenza, la Sua energia, le Sue decisioni.
Padre perché deve aiutare Gesù a sperimentare sulla terra, alla maniera umana, la “filialità” che Egli da sempre sperimenta così bene e così perfettamente in cielo.
Padre perché deve difenderLo in questo mondo al posto del Padre celeste che comincia ad “abbandonarlo” nelle nostre mani e per nostro amore.

Il santo fratel André e il servo di Dio Antoni Gaudì si sono affidati completamente alla guida di san Giuseppe. Come il loro patrono, loro non vissero abbastanza per vedere il frutto compiuto delle loro opere: Giuseppe non vide la vita osannata del Messia cresciuto come suo figlio; loro non videro le loro basiliche finite. Ma nella comunione dei santi, le cose stanno diversamente. Nell’ oggi dell’eternità loro sono nostri contemporanei.
Giuseppe continua in noi –come allora fece con André e Antoni- il suo compito paterno di plasmarci figli nel Figlio, tanto quanto Maria sua Sposa lo fa come madre.

Accolgo lui, e il suo compito nella mia vita?
Accolgo oggi quello che scaturisce dal mio battesimo, l’essere membro della famiglia di Dio, figlio nella famiglia di Nazareth, figlio nel Figlio?
Scegli di fidarti, di lasciarti fare, di lasciarti educare, di lasciarti guidare?
Sì, lo scelgo, sì con la grazia di Dio, lo voglio: credo, Signore, viene in aiuto della mia incredulità!

Così come il pastore lavora con cura
Il legno per lo zufolo, scavandone il midollo,
puliscimi, Signore, liberami dal cuore duro,
dalla mia coscienza senza bontà, dal mio testardo irrigidirmi.
Sturami l’indole, l’anima e il mio cuore ripieno…
Quando, puro, svuotato dalle passioni, mi porterai alle labbra,
scorra libero in me il soffio del Tuo Spirito.

Le parole di un inno-preghiera della poetessa Sabina Maduta, non possono essere rivolte a Giuseppe?
Rallegrati, tu, che sollevi i dolori senza rimedio,
Rallegrati, tu, protettore dell’orfano e del povero,
Rallegrati, tu, che sopporti i persecutori pagani,
Rallegrati, tu, opera buona compiuta nel silenzio,
Rallegrati, tu, che indossi povere vesti,
Rallegrati, tu, osannante alle cose celesti e sante,
Rallegrati, tu, vaso azzurro di luce e di grazia.

Nella mia pochezza, rendo testimonianza che è tutto vero: ho toccato con le mie mani e ho contemplato con i miei occhi e ho sperimentato sulla mia pelle e quella della mia famiglia -e dei miei amici più cari –nel mio cuore e negli avvenimenti della mia vita da consacrato, che è tutto vero: Giuseppe si prese –si prende- cura di me, come di suo figlio. Continuamente.
Quanto operato a Montréal da lui tramite frère André ho sperimentato che è vero: ed è per tutti e per ognuno. E’ l’invito ad occupare il posto vuoto a tavola con i Tre, come nell’icona della Trinità di Rublev: siamo attesi!
Lo splendore di bellezza e di misericordia che si riversa sulla Chiesa e sul mondo con più profusione che dalle vetrate infiammate delle due basiliche, è tutto vero.
Sono frate minore conventuale perché questo splendore mi afferrò, grazie a san Giuseppe, padre della Provvidenza, come mi insegnò a chiamarlo Madre Teresa di Calcutta quando mi portò in convento, al Sacro Convento di Assisi.
San Giuseppe –lo scoprii più tardi- è Patrono del nostro Ordine, il solo tra quelli francescani ad averlo scelto e proclamato tale già nel 1741.
Nulla è a caso. Tutto a una sua voce. Ed io levo la mia, in grata testimonianza.
In fede

fra Guglielmo Ioseph Spirito OFM Conv