domenica, febbraio 18, 2007

IL MESE DI SAN GIUSEPPE


Il Calendario di Congregazione ricorda che il 17 febbraio inizia il mese di San Giuseppe. Che cosa significa oggi per noi questo richiamo? Un ricordo storico che sa un poco di museo e di ossequio alla nostra tradizione e ai nostri confratelli di un tempo? Un appuntamento valido per tutti che mette in moto espressioni devozionali tipiche del nostro essere giuseppini? Un invito a non dimenticare, pur nella consapevolezza che saranno pochi quelli che troveranno ulteriore motivo per approfondire e manifestare la loro devozione a San Giuseppe? Una pia esortazione che non vanta più un posto specifico ed importante? Una buona occasione per riflettere su san Giuseppe, patrono della congregazione, modello per ogni Giuseppino?
Ho letto in questi giorni un romanzo che parla di san Giuseppe: Giovanni Donna d’Oldenico, Il giusto, Marietti, 2006. Giuseppe sta per morire nella casa di Nazareth, assistito da qualche parente, perché Maria è partita in cerca di Gesù. E’ un tempo per Giuseppe di una duplice attesa: della morte, ormai imminente, e del ritorno di Gesù, per poterlo abbracciare un’ultima volta. Un tempo che diventa propizio per una lunga e profonda riflessione sulla sua vita. In dialogo con chi lo assiste, Giuseppe rievoca i momenti fondamentali della sua relazione con Maria e con Gesù. Per tanti anni a Nazareth, Giuseppe aveva fatto esperienza di Dio che “aveva cominciato a diventare uomo e lui a diventare padre”; e poi un giorno a Gerusalemme aveva capito che “il suo umanissimo essere padre, vero, reale, ben riuscito, non bastava più. Lui, proprio lui, uno così qualunque, era chiamato ad approssimarsi alla paternità di Dio, fino a fondervi dentro la propria”. Una vicenda umanissima, quella della sua famiglia, ma segnata dal mistero di Dio fatto uomo. L’ultimo dialogo tra Giuseppe e Gesù ha solo due battute: Giuseppe “Sono talmente piccolo, figlio!”; Gesù: “Tu non immagini quanto sei grande, padre”. Maria, intanto, incontra alcuni personaggi conosciuti tempo prima o che da poco hanno accolto il vangelo. Maria rievoca con loro alcune vicende dell’infanzia di Gesù, scoprendo alcune dimensioni del mistero vissuto e mai compreso fino in fondo. Così Giuseppe e Maria, pur in situazioni diverse e secondo una propria sensibilità, ripercorrono il compito che Dio aveva loro affidato; padre e madre parlano del figlio e meglio comprendono la propria identità; compiono una “peregrinatio fidei”, come disse Giovanni Paolo II. Alla fine del romanzo appare chiaro che il vero personaggio della vicenda è Gesù stesso.
Una volta fu rimproverato a don Reffo di non avere rispettato la gerarchia delle devozioni giuseppine. Invece di indicare nella Regola per primo il Sacro Cuore di Gesù, poi la Madonna e infine san Giuseppe, aveva messo quest’ultimo al primo posto. La spiegazione di don Reffo fu di una semplicità estrema: dobbiamo essere devoti di San Giuseppe perché da giuseppini possiamo imparare da lui ad amare Maria e Gesù.
Traggo da questi riferimenti due considerazioni, che lascio alla riflessione e alla preghiera di ciascuno. Dal romanzo, ma soprattutto dal Vangelo, risulta chiaro che Gesù è al centro della vita di Giuseppe e di Maria, alla luce del suo mistero vivono la propria vocazione. Chi vuole imitare san Giuseppe e essere suo devoto prima o poi deve chiedersi chi sta al centro della sua vita. Don Reffo ricorda che in definitiva è questione di amore. Chi ama san Giuseppe impara ad amare meglio Maria e Gesù. Solo così la devozione a san Giuseppe acquista il suo vero significato, e allora un mese non sembra poi così lungo e magari anche di troppo, anzi potrebbe essere occasione di fare un poco di recupero di… giuseppinità. Buon mese di San Giuseppe!


P. Tullio Locatelli

1 Comments:

At 1:55 PM, Blogger Antonio said...

Grazie per il vostro Blog in onore di San Giuseppe! L'augurio più sincero perchè sia da tutti riconosciuta la paternità spirituale di San Giuseppe.
fratel Giuseppe

 

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