domenica, maggio 17, 2009

IL CUSTODE DEL MESSIA


E’ di particolare interesse questo libro di Vincenzo Brosco, che porta come sottotitolo: “Leggere il Vangelo con la Tòrah”. Propone dunque in forma originale una possibile lettura giudaica di san Giuseppe, pienamente inserito nella tradizione degli ebrei osservanti, personaggio evangelico spesso trascurato dall’esegesi biblica. Mentre l’evangelista Matteo si preoccupa di innestare il Kèrigma di Cristo nell’alveo dell’intera storia della salvezza a partire dall’Antico Testamento, si è poi prodotto come un “protoscisma” dei cristiani dal contesto storico culturale in cui è nato. I vangeli apocrifi, spesso con aneddoti fantasiosi, hanno riempito un vuoto di analisi storica che ha influito anche sull’immagine di san Giuseppe; lo sposo di Maria viene così presentato casto a causa della propria età avanzata e di quella acerba della sua sposa. Mentre Giuseppe è l’uomo “giusto” completamente immerso nella spiritualità giudaica, sia in riferimento a tutto il filone di cosa significa la “giustizia” sia al matrimonio. Sul primo versante si giunge a dichiarare: “In Giuseppe di Nazareth, l’ebreo e il cristiano, di ogni luogo e tempo, trovano la descrizione più perfetta della giustizia rivelata nel Vangelo di Cristo Gesù” (p. 142). Anche il tema dello sposalizio va affrontato in consonanza con la mentalità e gli usi del tempo. Tale attenzione fa propendere l’autore verso “l’ipotesi del sospetto” nel dubbio che assale in quel frangente lo sposo di Maria. Afferma infatti: “Giuseppe è un giovane innamorato di Maria, vuole vivere con lei e in breve arco di tempo vuole condurla a casa sua e generare con lei dei figli. Dobbiamo essere onesti e spogliarci di qualsiasi condizionamento, e cominciare a pensare che molto probabilmente nei primi due capitoli di Luca e Matteo non v’è traccia di alcun proposito di verginità né in Maria né tantomeno in Giuseppe” (p. 104). Si riscopre in tal modo nei due sposi una santità meno ideale e più reale, oltre che più legittimata dall’ambiente storico e rituale. Sono da considerare “le quattro notti di Giuseppe” in analogia alla tradizione targumica delle notti fondamentali del popolo di’Israele: la rivelazione della verginale maternità di Maria, la fuga in Egitto, il ritorno in Israele, la nuova vita in Galilea. Si ripercorre il sacrificio di Abramo, il tempo della schiavitù egiziana, la notte della liberazione con Mosè, l’insediamento nella terra promessa. Giuseppe è “l’icona del Padre” nel suo effettivo esercizio della paternità, nella circoncisione e nell’imposizione del nome, nella presentazione del figlio al tempio, nell’accompagnamento di Gesù alla crescita, alla Tòrah e al lavoro. Con la sua morte pare scomparire nel nulla: tutto è compiuto, il Figlio esce allo scoperto e inizia la sua missione, Giuseppe ha concluso la propria come “custode del Messia”. La sua esemplarità vale per tutta la Chiesa: “A imitazione di Giuseppe i cristiani sono chiamati ad essere i custodi e i garanti della fede dei fratelli” (p. 147). E’ un testo che in sintesi può offrire diversi spunti per una seria catechesi biblica, utile per la predicazione e la meditazione.


V. BROSCO, Il custode del Messia, edizioni Chirico, Napoli, pp. 155.