martedì, agosto 18, 2009

SENZA DIRE UNA PAROLA


Fa simpatia questo volumetto sottotitolato: “Giuseppe di Nazareth, padre di Gesù”. L’autore accompagna il lettore ad entrare con arguta intelligenza nell’avventura di san Giuseppe, come in un romanzo dove gli eventi che si susseguono ti portano a scoprire la bellezza e la grandezza del personaggio. Veramente all’inizio pare non accorgersene neanche lui della singolarità e dell’importanza della sua storia. L’originale angolo di visuale del racconto ce lo presenta appena arrivato all’altra Vita, accolto nel Limbo “nel seno di Abramo”, mentre tutti gli domandano notizie del Figlio di Dio sceso sulla terra. Giuseppe delude i suoi ascoltatori perché, a parte il prodigio della sua nascita, non gli pare di avere granché da narrare. L’ordinarietà della sua esistenza con Maria e con Gesù, di anni e anni di lavoro e di vita familiare a Nazaret, lascia tutti di stucco… “senza dire una parola”! Sì, la giovinezza, il fidanzamento, l’angoscia, i sogni, il matrimonio, il viaggio a Betlemme, la fuga in Egitto, il ritorno in Galilea, l’episodio dello smarrimento a Gerusalemme… ma poi la vita prosegue fino alla sua morte nella più sconcertante normalità. Ecco però che altri portano gli aggiornamenti di ciò che capita sulla terra. Si riporta un’esclamazione di Gesù, orgoglioso di dichiararsi “figlio del carpentiere” che gli si riferisce: “mio padre era come Dio in terra per me”! Si riporta il fatto dell’inizio della sua missione nella sinagoga di Nazaret e come Gesù si rivela come Messia. A questo punto Giuseppe “pur nella sua disarmante semplicità è ritenuto una delle massime anime”. Le notizie sul Figlio giungono sempre più veloci: la predicazione, i miracoli, la passione e la morte, la discesa agli inferi e la risurrezione. Ora “in Cielo c’è un seggio favoloso preparato per Giuseppe. L’uomo semplice che non si ritiene degno di onori ed attenzioni capisce solo ora di essere stato, in vita, il rappresentante addirittura di Dio Padre per il Messia”. In effetti si rivela davvero uno “strano santo” il nostro, tanto grande eppure così scarso in pubblicità. Non è un capo che fa pesare la sua autorità, è piuttosto un padre di famiglia che non pretende rispetto ma si fa amare. “In lui non si cerca l’autorevolezza del capo, ma l’autorità divina che rappresenta. Gesù e Maria hanno davanti Giuseppe, ma scorgono ed ossequiano l’Eterno”. E’ il santo della provvidenza, a cui ricorrere per ogni necessità, come una volta si andava dall’antico patriarca suo omonimo in Egitto. Molte anime eccelse lo hanno capito nel corso dei secoli: Teresa d’Avila, Bernardino da Siena, Francesco di Sales, Pio IX, Giovanni XXIII… Gesù dichiara il Battista come il più grande e poi aggiunge “ma il più piccolo nel Regno di Dio è più grande di lui”. Possiamo dire che proprio san Giuseppe è “il più piccolo”. Conclude l’autore: “Questa sua qualità lo fece amare in modo speciale dall’Eterno Divin Padre che lo volle suo inimitabile rappresentante in terra. L’Eterno Figlio si compiacque di eleggerlo padre terreno. Il progetto della Redenzione voleva un uomo come lui”.

FRANCESCO DE AGOSTINI, Senza dire una parola, Padova, pp. 120.