venerdì, dicembre 11, 2009

BUON AVVENTO CON SAN GIUSEPPE


All’inizio dell’Avvento condivido con voi alcuni pensieri che mi sono nati dentro alla lettura del libro di don Giuseppe Danieli sulla figura di San Giuseppe.
Un cammino di fede con una domanda fondamentale. A me sembra che alla fine della lettura sorga una domanda per il lettore che si è fatto partecipe della vicenda raccontata. “Io credo che Dio intervenga nella storia? Nella storia personale di ciascuno di noi? Nella storia di un popolo? Nella storia?”. Maria e Giuseppe vi hanno creduto, facendo essi stessi una “peregrinatio fidei”, come ha detto Giovanni Paolo II. Mi pare che la domanda sia inevitabile anche perché lo stesso metodo dell’autore la suggerisce: il confronto continuo tra quello che sta avvenendo oggi a Giuseppe e Maria con quanto è avvenuto ad altri personaggi biblici. La domanda fa sì che la loro storia sia un riflesso della storia di ciascuno, secondo una lettura dell’esistenza che parte da Dio che può intervenire e di fatto interviene, e da parte di ciascuno di noi che ha bisogno di ascoltare per percepire questa presenza e di un cammino per imparare a rispondervi.
Oltre certo devozionismo. Non è questa l’intenzione dell’autore, è una mia libera interpretazione. L’autore “rimane”, “insiste” su i testi biblici, senza pescare altrove e sono questi testi che ci offrono la giusta immagine ed identità di Maria e Giuseppe. Mi pare che questa identità abbia sempre alcune caratteristiche: giovani, fidanzati, vergini, sposi, genitori (padre e madre). Siamo oltre ad un certo devozionismo che “riduce” le caratteristiche di tali personaggi rischiando di non essere fedeli alla totalità della loro persona, della loro vicenda umana e religiosa, così come ci viene consegnata dai vangeli. Nel Natale di qualche anno fa entrando in una chiesa parrocchiale ho visto al centro della chiesa un bellissimo Bambino Gesù e accanto a Lui in adorazione la Madre, una vera regina. Però: ma perché questo Bambino è già orfano e la bella Signora è già vedova? Immagini e preghiere che oggi hanno una certa fortuna, anche in casa nostra, mi pare che qualche domanda potrebbero (dovrebbero) porre a se stessi.
Una conoscenza più profonda perché più umana del mistero dell’incarnazione. A me sembra che il vero protagonista della vicenda sia Gesù, tutto concorre e prende senso alla luce del mistero della incarnazione. Ma soprattutto si rimane nuovamente meravigliati sull’incontro della realtà umana e della realtà divina, dell’intreccio di naturale e soprannaturale, di come la nostra umanità pur ferita e lontana possa essere chiamata in causa da Dio come necessaria collaboratrice per il disegno di salvezza. Nel testo risalta una umanità pensosa e partecipe, preoccupata e gioiosa. Interessante: i vari personaggi si incontrano tra di loro e, spesso, sembra essere questo il luogo in cui meglio si incontrano con Dio e si mettono a servizio del piano dell’incarnazione. Gesù si fa uomo in questo contesto di umanità, da qui la meraviglia e lo stupore, ma anche il mistero inteso come invito alla riscoperta di una umanità generosa, ubbidiente, che diventa grande perché umile.
Giuseppe “parla”. Siamo abituati a dire che Giuseppe è l’uomo del silenzio, ma alla fine della lettura mi sento di dire che Giuseppe parla, eccome parla. Le parole non scritte, non tolgono nulla al dire di una testimonianza che sento valida anche per noi oggi. E non è questo il miglior parlare? Dunque lasciamolo parlare, almeno noi giuseppini, perché sia ancora vero che sia sentito, percepito, accolto come punto di riferimento per un cammino umano e spirituale, da consacrati, a servizio di quel mistero dell’incarnazione che in primis fu affidato a Giuseppe e a Maria, e che oggi è affidato a noi.
Buon Avvento, con san Giuseppe.


p. Tullio Locatelli