giovedì, agosto 10, 2006

FAMIGLIA, LAVORO, QUOTIDIANITA' - Intervista a mons. Beniamino Depalma Vescovo di Nola


In quanto Pastore della diocesi di Nola, quali priorità vede più urgenti per la Chiesa sul territorio?

Tre le priorità che individuo per la mia gente: L’Annuncio, l’Ascolto e la Testimonianza. Sono tre atteggiamenti e tre esperienze che si richiamano reciprocamente e che manifestano lo stile di Dio e devono essere sperimentate per lo stile del suo Popolo.
Bisogna riprendere ad annunciare “Gesù Cristo morto e risorto per noi”, l’antica formula della professione di fede che ha bisogno di non essere semplicemente ripetuta sulle nostre labbra quanto creduta profondamente. Dobbiamo riscoprire nelle nostre vite la capacità di incarnarci nella storia che viviamo, cogliere la scintilla di Dio nelle vicende che sperimentiamo, avvertire la compagnia di Dio nel mondo della sofferenza e del non senso, allargare i nostri orizzonti nel cogliere la realtà non solo nel ristretto mondo dell’empirico, vivere profondamente il clima del dono in cui, continuamente, le nostre vite sono impastate.
Riprendere la capacità di ascoltare, uscire dal mondo delle parole per entrare nell’universo della comunicazione. Sentire Dio che parla, il mondo che parla non significa ascoltare. Si tratta piuttosto di saper cogliere lo spazio interiore per accogliere il messaggio, per scoprire le profondità, è questo che ci qualifica come comunità credente.
Infine la testimonianza ossia la capacità di andare controcorrente per affermare la signoria di Dio e la dignità dell’uomo.

Che impressione ha avuto di S. Giuseppe Vesuviano nelle sue visite?

S. Giuseppe Vesuviano è una comunità che risente fortemente degli stili di vita di una impostazione legata all’idea del commercio. È inutile sottolineare come la logica dell’interesse ha preso il sopravvento su quella della gratuità e del dono. Tuttavia andando oltre l’apparenza e leggendo nelle pieghe di quella storia che non va alle cronache dei giornali ma che si costruisce sull’esperienza dell’uomo comune, ecco che il volto di questa cittadina cambia. Vi sono tanti fermenti di una vita accogliente, che tende all’attenzione ai giovani, a coloro che si trovano in difficoltà, alla possibilità di uno spazio per gli stranieri. È vivace il tessuto solidale di questa comunità che, attrezzandosi anche in maniera originale e avvalendosi di un folto numero di volontari, riesce a far diventare storia di condivisione e di solidarietà anche il momento della difficoltà o dell’abbandono. Su questo campo molto ancora da compiere, ma certamente un cammino già proficuo quello attuato.

Quale significato dare oggi al santuario e alla devozione verso san Giuseppe?

La presenza di un Santuario sul territorio è una grazia dello Spirito. È questo un luogo in cui è possibile un approccio diverso con l’esperienza di fede. È uno spazio in cui si dovrebbe trovare, con maggiore disponibilità, la possibilità di un’accoglienza all’ascolto; una maggiore tranquillità per la celebrazione del sacramento della riconciliazione; uno spazio idoneo per l’adorazione perpetua. Oggi un Santuario dovrebbe assicurare il servizio di un luogo in cui ritrovarsi e ritrovare Dio. Nello specifico lo stile di un santuario che si ispira alla figura di S. Giuseppe dovrebbe promuovere una riflessione su tre campi: la famiglia, il lavoro e il valore della quotidianità.

Ha una "consegna" da lasciare ai nostri lettori?

Più che una consegna un invito: vivere bene il proprio battesimo, non tirandosi mai indietro di fronte alle sfide della vita, e avvertendo che la salvezza si è fatta carne ed è entrata nella storia, questa salvezza è Gesù Cristo, l’unico Signore, che in questa storia ci chiede di essere testimoni della sua gioia.