mercoledì, novembre 01, 2006

L'AGENZIA DI SAN GIUSEPPE - Intervista al giuseppino Valeriano Maragno


In che consiste sostanzialmente l’esperienza che stai conducendo a Padova?
La domanda posta in questi termini mi suona un po’ strana, perché a me sembra di fare semplicemente il mio dovere di Giuseppino.
Devo ringraziare Dio perché ormai da una vita, quella di consacrato, mi sono trovato vicino ai… “giovani poveri e abbandonati” così come è scritto nella nostra Regola (Cost. 45), e perché nel voler restare fedele al carisma del Murialdo, mi sono sempre chiesto: “Cosa farebbe Lui al mio posto, oggi?”.
E’ risaputo che per un Giuseppino la consacrazione e l’unione a Dio passa attraverso l’amore al “fratello”, ricco o povero che sia. Pertanto anche se le strutture (orfanotrofi, ecc…) sono tramontati, ragazzi e giovani bisognosi di aiuto e di riferimenti stabili ci sono ancora e fintanto che ce ne sarà anche uno solo, come Giuseppino, dovrei sentirmi chiamato a dare risposte ai suoi interrogativi, alle sue povertà, alla ricerca di senso per la sua vita, a essere per lui “amico”, “fratello” e “padre”.
Mi sento ancora di ringraziare Dio perché in tutti questi anni le circostanze della vita mi hanno fatto incontrare tanti “collaboratori laici” e “specialisti” che, insieme alla nostra comunità religiosa, hanno collaborato e collaborano al meglio perché il servizio di accoglienza sia sempre più adeguato e rispondente alle necessità delle persone bisognose. Sostanzialmente quindi la “volontà di Dio” per me è proprio la stessa che S. Leonardo Murialdo ha iniziato nel 1800: “Fare il bene e farlo bene”.

Anche oggi i giovani, nella società del benessere, hanno bisogno di essere accolti?
Tutti, in senso lato, abbiamo questo bisogno, giovani e meno giovani, perché con l’accoglienza si fa esperienza di sentirsi amati, amati da Dio attraverso i fratelli (= amore al prossimo e amore reciproco).
Ma per coloro che non hanno sperimentato l’amore della madre e del padre o che, pur avendo avuto dei genitori amorevoli, nel percorso della vita li hanno persi e non hanno mai maturato una autonomia personale, per costoro non trovare nessuno che li accolga con tutto il calore possibile diventa una tragedia!
Gesù nel Vangelo ha detto: “Qualsiasi cosa avete fatto al più piccolo… l’avete fatto a me”. Quindi per me, che mi sento molto amato e accolto da Dio, accogliere l’altro è una risposta dovuta.

Il modello della “Famiglia di Nazaret” ti è di ispirazione?
Il nostro Fondatore, S. Leonardo Murialdo, più volte ci ha indicato la Famiglia di Nazaret come modello del nostro “far famiglia” con i giovani che accogliamo. Certamente noi qui a Padova su questo fronte ci troviamo avvantaggiati perché la struttura non è più un Istituto o un Collegio, ma dei semplici appartamenti presi in affitto, immersi nel tessuto urbano dove, grazie alla collaborazione dei laici, accogliamo al massimo due o tre ragazzi per appartamento, venendo così a formare un piccolo nucleo di quattro o cinque persone: questa piccola dimensione ci ha fatto tante volte pensare alla Famiglia di Nazaret, come modello.

Ti senti aiutato in particolare da S. Giuseppe?
Nella mia esperienza personale ho dovuto cercare casa – quello che in modo silenzioso noi chiamiamo “Agenzia S. Giuseppe” - non tanto per me ma per tanti fratelli che la Provvidenza mi ha fatto incontrare: nel cercarla invoco sempre il suo aiuto perché lui ha sperimentato nei vari trasferimenti la ricerca della casa “in affitto” non potendosi permettere di acquistarla.Nella storia della nostra Associazione ci sono un paio di episodi che, dopo la preghiera delle “sette suppliche” a S. Giuseppe fatta comunitariamente, abbiamo trovato delle case per esigenze particolari con tempestività e più belle di quello che ci aspettavamo.