sabato, agosto 18, 2012

LA MIGLIORE PRESENTAZIONE

Dopo otto giorni, secondo la legge di Mosè e con l’aiuto di un esperto (mohel), Giuseppe assoggetta il Bimbo alla circoncisione, segno dell’appartenenza al popolo di Dio, e gli impone il nome Gesù. Esercita così la sua paternità a tutti gli effetti: davanti alla Legge e davanti a tutti riconosce suo figlio e riconosce se stesso come padre. D’ora in poi tutti i padri del mondo possono rispecchiarsi in lui. L’angelo in sogno gli aveva indicato quel nome e se lo ricorda bene: “tu lo chiamerai Gesù, egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1,21). L’etimologia svela la grandezza del suo significato: “Dio Salvatore”. E’ dunque venuto chi porta la salvezza. Una salvezza che apre a più vasti orizzonti, dato che non riguarda la sopraffazione politica di una nazione (la Palestina), ma la remissione dei peccati del mondo intero. In questa occasione si prega: “Dio nostro, e Dio dei padri nostri, conserva questo bambino al padre suo e alla madre sua ed il suo nome in Israele sia Gesù figlio di Giuseppe. Possa suo padre rallegrarsi in lui, e la madre sua esulti nel frutto del suo seno!”. San Giovanni Crisostomo, rivolgendosi a Giuseppe, mette in bocca all’angelo queste parole: “Non pensare che, essendo Egli dallo Spirito Santo, tu sia estraneo a servire il suo piano. Benché tu non apporti nulla alla sua generazione, tuttavia ciò che è proprio del padre, questo ti conferisco. Tu gli darai il nome. Benché, infatti, egli non sia tuo figlio, tu avrai nei suoi riguardi la cura paterna. Perciò, fin dalla stessa imposizione del nome, ti unisco al bambino in luogo di padre”. Commenta p. Danieli: “Dio chiedeva a Giuseppe di porre il nome ‘Gesù’ al bambino. Porre il nome ad un bambino significava accoglierlo come proprio figlio: il Signore affidava dunque a Giuseppe, come figlio, quel piccolo bambino che non aveva padre fra gli uomini. Lo rendeva figlio pienamente suo. Di fronte a tutti, Gesù apparteneva a lui perché figlio di Maria, sua sposa. Per volontà del Signore, Giuseppe era diventato padre rimanendo vergine” (op. cit. p. 53). Paolo VI esalta e definisce il ruolo paterno di Giuseppe: “Diede a Gesù non i natali, ma lo stato civile, la categoria sociale, la condizione economica, l’esperienza professionale, l’ambiente familiare, l’educazione umana” (19.3.1964). Benedetto XVI aggancia l’esempio di san Giuseppe all’impegno educativo di ogni padre di famiglia: “Giuseppe è, nella storia, l’uomo che ha dato a Dio la più grande prova di fiducia, anche davanti ad un annuncio così stupefacente. E voi, cari padri e madri di famiglia che mi ascoltate, avete fiducia in Dio che fa di voi i padri e le madri dei suoi figli di adozione? Accettate che Egli possa contare su di voi per trasmettere ai vostri figli i valori umani e spirituali che avete ricevuto e che li faranno vivere nell’amore e nel rispetto del suo santo Nome?” (19.3.2009). Gli episodi dell’infanzia del Signore che si susseguono non sono dei semplici racconti, ma hanno tutto il sapore di “gesti salvifici”, come evidenzia Giovanni Paolo II (cfr RC 27): sono effettivamente i “misteri della vita nascosta” di Gesù, come si esprime il titolo del Catechismo della Chiesa cattolica (522-534). Si realizza gradualmente il passaggio dall’antica alla nuova alleanza. Tra i primi beneficiari troviamo proprio san Giuseppe: il padre lo fa circoncidere e lo inserisce nel popolo di Israele; nel medesimo tempo quel Figlio comincia con lui la sua opera di redenzione. Dopo 40 giorni è il momento della purificazione della madre e della presentazione del bambino al tempio. I genitori lo portano allora da Betlemme a Gerusalemme per offrirlo al Signore, per il riscatto del primogenito in osservanza della Legge. Giuseppe dona in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, l’offerta tipica dei poveri e dei meno abbienti, invece che l’agnello da immolare. Può entrare nella parte riservata agli uomini insieme al figlio nell’atrio degli israeliti ed avvicinarsi al Santo dei santi. Maria rimane più in disparte nel cortile, dove possono entrare le donne. Il vangelo nota che “il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui” (Lc 2,33). E’ da notare che Luca li chiama senza mezzi termini “il padre e la madre”. Il vecchio Simeone li benedice e scopre che nel bambino è venuta la salvezza, profetizza che sarà segno di contraddizione e aggiunge rivolgendosi alla madre: “anche a te una spada trafiggerà l'anima” (Lc 2,35). E’ una premonizione gravida di sofferenza per ambedue i genitori, i quali capiscono fin d’ora che la loro via, come quella del figlio, non è affatto facile e spianata. E’ interessante anche qui che Luca li definisca in tutta semplicità “genitori”. Giovanni Paolo II commenta al riguardo: “”In Giuseppe, chiamato ad essere il padre terreno del Verbo incarnato, si riflette in modo del tutto singolare la divina paternità. Giuseppe è padre di Gesù, perché è effettivamente lo sposo di Maria. Ella ha concepito vergine, per opera di Dio, ma il bambino è anche figlio di Giuseppe, suo legittimo marito; per questo entrambi sono detti nel Vangelo ‘genitori’ di Gesù (Lc 2,27.41)”. E’ significativo a questo punto che il Papa lo chiami col titolo forte “padre terreno del Verbo incarnato”. C’è da aggiungere che la presentazione al tempio si prolunga oggi in tutti i cristiani, i quali sul modello di Giuseppe e di Maria hanno il compito essenziale di presentare al mondo Cristo, “luce delle genti” (Lc 2,32). Qui si trova la funzione sostanziale della Chiesa, chiamata a custodire e a far crescere la presenza del Signore in ogni luogo e in tutta la storia: questa è eminentemente la missione di san Giuseppe. Nella sua figura – come in quella della sua Sposa - è dunque da riconoscere l’Immagine della Chiesa, il nostro dover essere. E’ pure un impegno genuinamente ecumenico, rivolto “a tutti i popoli”, come profetizza Simeone (cfr Lc 2,31). Qui d’altronde troviamo l’icona più evidente del nostro santo, che viene raffigurato generalmente col Bambino in braccio. Davvero san Giuseppe viene a noi con la sua paternità educativa, non porta se stesso ma Gesù. Non c’è presentazione migliore di questa!

Angelo Catapano