mercoledì, luglio 25, 2007

PREGHIERE A SAN GIUSEPPE


Si tratta di un bel volume illustrato (con tavole di C. Musio), dell'editrice Shalom, che si presenta come una bella raccolta di invocazioni al nostro santo, curata da Giuseppe Brioschi. Nessun santo – si afferma in copertina – può avere tanti meriti per ottenere da Gesù grazie, come san Giuseppe. Nessuno potrà mai dire a Gesù: “Io ti diedi da mangiare col mio sudore, ti procurai il vestito, io ti diedi da bere”. Nessun santo potrà mai dire a Gesù come Giuseppe: “Io ti ho educato, ancora bambino, ti portai con queste mie braccia, ti nascosi in Egitto e là ti liberai dalla morte spietata a cui Erode tentava di condannarti. Io in una parola fui il tuo custode, il tuo padre davidico”. Come Gesù non può negare i favori che ha ricevuto da san Giuseppe, così non sa negargli niente di ciò che lui gli chiede. Se poi Giuseppe chiede qualche grazia a Dio per mezzo di Maria, che cosa potrà mai negare Maria di ciò che le chiede il suo sposo, e Gesù di ciò che gli chiede sua Madre? Ecco la misteriosa scala attraverso cui salgono a Dio le nostre preghiere e discendono esaudite. Preceduta dalla presentazione di T. Stramare, la pubblicazione si divide in quattro parti, ognuna in riferimento a un documento pontificio. La Chiesa onora san Giuseppe, con la lettera apostolica “Le voci” di Giovanni XXIII, presenta il nostro santo come Patrono della Chiesa, dei sacerdoti, dei lavoratori e dei moribondi. La Chiesa prega san Giuseppe, con l’enciclica “Quamquam pluries” di Leone XIII, propone le preghiere A te o beato Giuseppe, i sette dolori-gioie, il sacro manto, tridui, settenari, novene, suppliche. La Chiesa si affida a san Giuseppe, con l’esortazione “Neminem fugit”, riporta la consacrazione alla Santa Famiglia. Infine, la Chiesa imita san Giuseppe, con la lettera apostolica “Redemptoris custos” di Giovanni Paolo II, raccoglie i testi della Liturgia delle ore della solennità di san Giuseppe.

mercoledì, luglio 11, 2007

UNO SCULTORE DI SAN GIUSEPPE



Guido Galletti è nato a Londra il 22 marzo 1893 da genitori italiani, è vissuto ed ha operato a Genova fino al 1977, anno della sua morte. La sua opera testimonia un percorso artistico-spirituale a cui l'artista stesso ha sempre molto tenuto: "Per il Galletti, infatti, tutta l'arte è preghiera; anzi l'arte che crea il bello è un canto di lode..." (Piero Raimondi).
Premessa a questa contemplazione devota e candida del mondo, è la caritas evangelica; l'affermazione incondizionata dello scultore in tale senso è limpida, ferma, costante, prova questa di una coerenza, di una dignità, di una forza assai rare. Affermava Guido Galletti: "La scultura non può essere che la più appassionata e, ad un tempo, controllata esaltazione delle proporzioni e dell'armonia delle forme fisiche che sono tabernacoli delle anime immortali". Insomma i corpi sono teche del divino che al divino preludono. Qui presentiamo le opere scultoree che hanno come tema San Giuseppe, non secondo la cronologia delle opere ma secondo un percorso legato alla vita di San Giuseppe nel suo rapporto con Maria e con Gesù.

San Giuseppe “uomo giusto”
Nel 1958 il Galletti scolpisce due statue in bronzo: una Madonna e un San Giuseppe, collocate entrambe sulla facciata del Santuario del Santo Bambino di Arenzano (GE).
I padri Carmelitani, committenti delle opere, hanno voluto che Maria fosse rappresentata nel momento del “Fiat”, cioè nel momento della sua adesione alla volontà di Dio, inizio dell’incarnazione del Verbo.
Il S. Giuseppe ha un’analoga struttura compositiva, in relazione anche al parallelismo della collocazione. E' un S. Giuseppe antitradizionale; un uomo nel pieno vigore dell'età, la cui testa, di classica fattura, sembra volgersi alla Vergine, con ferma coscienza del suo dovere, simboleggiato dal giglio che stringe al petto con una mano, mentre l'altra poggia su un piallone con bietta emergente; il fiore e lo strumento di lavoro sono i simboli del suo duplice compito: il lavoro manuale e il sacrificio spirituale. L'ampio panneggio, a linee orizzontali e trasversali, conferisce alla figura un controllato dinamismo virilmente sbozzato.

San Giuseppe con Gesù Bambino
S. Giuseppe con il Bambino Gesù è una statua in marmo, che si trova nella chiesa genovese di S. Giuseppe di Priaruggia (1969). Il Galletti ci dà ancora un uomo giovane e robusto, «che regge tra le braccia vigorose il suo bambino, e che, orgoglioso della sua creatura, la innalza come per gioco, teneramente, quasi ad offrirla all’universale ammirazione; ed il bimbo, che si sente così in alto e così protetto, si sente felice come un re, e sorride beato». Così appunto si esprime, in una relazione, ilGalletti, parlando anche di «insieme plastico», perché «uomo-bambino-panneggio nell'arabesco della sua sagomatura generale, nei suoi volumi compenetrati in ritmi bilanciati tra loro, nei pieni e vuoti generati dal movimento degli elementi compositivi, nel gioco delle luci e delle ombre che vitalizzano la materia, costituiscono i motivi tecnici nei quali ogni statuaria si giustifica...». Il gruppo ha quindi per tema questo: «SanGiuseppe mostra ai fedeli Gesù, Re della Chiesa Universale, e lo mostra sia come Padre Putativo del Bambino, sia come Patrono della Chiesa Universale». E il tema è pienamente attuato nella statua, ricca di generoso panneggio (tunica e manto di S. Giuseppe), da cui emerge la testa del Santo, rivolta verso il Bimbo, chelieto sorride, nella candida grazia dell'infanzia, con il piccolo braccio levato, anche qui, nel saluto. Il contrasto fra il delicatamente levigato corpo del bimbo e la sodezza muscolosa delle braccia del padre diventano, sul piano affettivo, sintesi d’affettuosa protezione e d’ingenua fiducia. Il particolare del vaso, con il giglio dal lungo stelo, completa, in sommessa ma chiara simbologia, la figura spirituale del Santo. Un insieme, quindi, di realismo e d’allegoria, di spirito e di vita, concretato in un’opera di limpida concezione e d’armoniosa attuazione.

San Giuseppe con Gesù Fanciullo

Nel 1965 il Galletti scolpisce il gruppo marmoreo San Giuseppe e Gesù Giovinetto, collocato poi in una nicchia della cappella monumentale del Seicento nella navata di destra della Cattedrale di S. Lorenzo in Genova. Riprendendo, almeno in parte, il concetto già attuato nella statua del Santuario di Arenzano, cioè del Vir Justus (= uomo giusto), il Galletti ci presenta un uomo vigoroso, che accompagna Gesù, quasi sorreggendolo, mentre questi con una mano saluta tutti gli uomini, di cui sarà il Redentore. L'artista stesso, nella sua relazione sul contenuto concettuale e formale della statua, ha chiarito bene i concetti informatori, secondo cui le due figure debbono formare un gruppo compatto ed essere idealmente legate tra di loro in una successione di movimenti; il che è stato pienamente attuato nel ritmico accordo dei due corpi, il maggiore dei quali sembra, con il gesto delle mani che appena escono dall'ampio mantello, offrire come una nicchia protettiva al gracile corpo del bimbo, il cui volto è permeato d’innocenza e d’intelligenza al tempo stesso; ma di un’intelligenza infusa, quale (come era nelle intenzioni dell'artista) la Divinità di Cristo presuppone. Il gruppo ha perciò una cadenza interiore, che mentre esalta in S. Giuseppe il patrono dei lavoratori (con la tunica dell'artigiano) lo ricorda anche come discendente da nobile stirpe (con il manto regale che tutto avvolge e protegge). E l'infinita umiltà e dedizione, con cui pensosamente si piega verso Gesù, accentuano il senso di fresca ingenuità del Bambino, che sorride di una luce interiore, divina, come se già vedesse lontano, ma certo, il suo destino. Né si deve dimenticare la perfetta sintonia fra il gruppo e il suo ambiente, il che ubbidisce «ad una elementare regola d'arte, che esige armonia di proporzioni dei vari elementi tra loro». Ricordo che ai piedi di questa statua nella cattedrale di Genova è sepolto il cardinal Giuseppe Siri, grande devoto del nostro Santo.

San Giuseppe con Gesù Adolescente
L’opera è del 1953 e si trova nella cappella del Seminario Carmelitano presso il santuario di Arenzano. San Giuseppe circonda della sua protezione paterna Gesù, che sembra sul punto di avanzare, di partire lasciando la casa di Nazaret e dedicarsi al suo compito di annunziare il vangelo. Il falegname di Nazaret ha ormai compreso che Gesù dovrà separarsi da lui per iniziare la sua missione. Il suo compito sta per finire: Gesù educato e preparato da Giuseppe, deve ora occuparsi pienamente di quanto riguarda il Padre celeste. Lo spettatore “rimane commosso dall’intensità degli sguardi che s’incontrano: fra loro passa una corrente profonda e delicata di sentimenti, quasi timorosi di esprimersi, come indicano le mani che appena si toccano. Galletti ha voluto ricordarci ciò che a volte si dimentica, e cioè che Giuseppe aveva nei confronti di Gesù un vero cuore di padre e così pure Gesù aveva per lui un vero cuore di figlio” (Don Piero Perlenghini). Giuseppe è alle spalle di Gesù e con la mano sembra indicargli la strada e quasi ad invitarlo a partire; così quella sua mano nella mano di Gesù, non è per trattenerlo, ma per salutarlo, trasmettendogli ancora una volta la forza e l’amore di chi gli è padre.

Le quattro sculture sono così per noi una “catechesi” sul mistero della redenzione visto con gli occhi di san Giuseppe, nel suo servire Gesù, dalla nascita all’inizio della sua missione pubblica. Un poco per volta Giuseppe si ritira, tende a scomparire e Gesù cresce, in età e grazia, pronto per ubbidire al Padre. Nel loro rapporto di padre e figlio, l’umanità degli atteggiamenti espressi fa trasparire il mistero che vi si nasconde. La gente un giorno chiamerà Gesù “il figlio del falegname”, senza volerlo esprimerà una grande lode per l’umile Giuseppe, che aveva accolto e amato Gesù come un figlio.

Tullio Locatelli