giovedì, maggio 24, 2007

FAMIGLIA DI NAZARET



La spiritualità, che è la strada per la santità, è dono di Dio; dono che Egli fa ad ogni persona, donna o uomo, perché possa realizzare se stessa e compiere la 'missione' che Dio assegna a ciascuno per il bene di tutti.
Tante sono le sfaccettature della spiritualità giuseppina e murialdi­na; molti i valori morali e spirituali che la rendono un 'ca­risma'(= dono) per tutti i cristiani, che si sentono attratti da esso e che in esso trovano il senso dell'esistenza.
Si possono così enumerare: fede assoluta in Dio Amore misericordioso - abbandono filiale alle disposizioni della sua Provvidenza paterna - fiducia nella intercessione di Maria, che Gesù Cristo ci ha donato come madre - devozione eucaristi­ca, come radice, sostegno e modello di vita cristiana...
Ma, forse, si può trovare la sintesi, la ' icona' (= imma­gine viva) della nostra spiritualità nella Famiglia di Naza­ret. Là vissero insieme per trent'anni i personaggi più illu­stri, essenziali della vita cristiana: Gesù, Maria, Giuseppe.
E quale fu lo stile e la sostanza di quella loro esisten­za; sulla quale dobbiamo e possiamo modellare la nostra? La risposta ce la dà il vangelo (il buon annuncio, che dà senso e valore alla vita).

Maria fu la donna, semplice, aperta a Dio, desiderosa so­lo di capire e compiere la volontà di Dio. Ella è completamen­te disponibile; ma non fatalista: vuole capire che cosa l'an­gelo dell'annunciazione le comunica; perciò fa domande. Quando non comprende le parole o le azioni del Figlio; le ripone nel suo cuore, e vi riflette.
E ' ricca di femminilità : di sensibilità, di intuizione e di sollecitudine. Si mette di libera iniziativa in cammino per aiutare la cugina Elisabetta; si attiva per rendere meno disa­gevole la nascita del Figlio; 'fa lieta la sua casa di una limpida gioia' (come canta la liturgia); intuisce i diversi stati d'animo dello sposo e accorre e soccorre con delicatezza e tenerezza femminile, sponsale...
E' la madre; che rispetta il segreto del Figlio e la sua missione universale di salvezza, pur non comprendendo sempre né appieno; ma gli sta accanto nei momenti difficili della vi­ta, fino alla crocifissione, e poi sta maternamente accanto ai suoi discepoli nei primi anni della vita della Chiesa, perché questo le ha chiesto il Figlio...

Giuseppe fu, ed è per sempre nella storia della redenzio­ne, l'uomo 'giusto', che visse nell'adesione personale alla volontà di Dio e nell' osservanza delle leggi del suo popolo:
il popolo dell'Alleanza. L'uomo che era ben consapevole dei propri limiti e della pochezza del suo essere, per questo ha bi­sogno che Dio gli faccia sapere che proprio lui è chiamato ad essere lo sposo della madre di Dio e capo di quella nuova, i­nedita Famiglia.
E’ l’uomo che si assume le sue responsabilità e le affronta con tutta l’energia e le capacità della sua personalità: nella decisione di far nascere Gesù a Betlemme, nella fuga in Egitto e nel ritorno a Nazaret.
E' l'uomo che svolge davvero, con intelletto e cuore di padre, il suo ruolo di educatore del Figlio. Mentre Maria insegna a Gesù a mangiare, a camminare, a tenersi pulito, a parlare; Giuseppe gli insegna a conoscere la storia del suo popolo, a pregare, a lavorare, a capire e amare la gente del suo villaggio...
E' l'uomo che sta accanto a Maria con cuore di sposo: l'accompagna nel suo andare a Betlemme; cerca di alleggerirne i disagi in occasione della nascita di Gesù; la protegge e le dà sicurezza nel tempo dell' esilio e poi durante tutta la permanenza a Nazaret.
E non dimentica mai che egli è a servizio di Gesù e di sua madre, come gli ha fatto intendere Simeone; che è a capo di una famiglia nella quale il centro è il Figlio; che il com­pito più importante spetta alla madre. Sa, e accetta con ri­spetto religioso e riconoscenza, con amore pienamente umano e spirituale, di essere sempre e solo il ' servo di Jahvé'. E quando non serve più, sparisce dalla scena, lasciandola totalmente al Figlio.

Gesù in questa famiglia, per tutto il tempo - lungo una trentina d'anni - è 'soggetto ad essi', sia per le necessità fisiche e materiali, sia per l'educazione civile e religiosa, sia per il lavoro e le relazioni sociali, Ma è sempre anzitut­to fedele al Padre, perché sa di essere stato da Lui 'mandato per fare la sua volontà'.
Per questo si ferma a Gerusalemme all'insaputa dei suoi; per questo afferma pubblicamente: "Mia madre, i miei fratelli e sorelle sono quelli che ascoltano la parola di Dio e la met­tono in pratica". Egli ama soprattutto il Padre e proprio per questo ama i suoi genitori; e ama tutte le persone, e tiene sempre aperto lo sguardo, il cuore per mettersi a disposizione di ognuno, specialmente dei più deboli e poveri e bisognosi di comprensione e di aiuto. E' fedele fino alla morte alla voca­zione e missione che gli è stata affidata dal Padre.

Aldo Marengo

giovedì, maggio 17, 2007

GIUSEPPE DI NAZARET


L’originalità di questo testo – in coedizione della Libreria Editrice Murialdo e dell’Ancora - sta nel suo autore, che è un ebreo convertito al cristianesimo. Vive in Francia, dove ha fondato la Comunità delle Beatitudini; è sposato e diacono permanente. Proprio questo suo retroterra gli permette di “entrare” più di altri nella “storia” di Giuseppe, quantomeno rispettosa della cultura e della tradizione di quell’ebraismo di cui era osservante il nostro santo. E’ condivisibile la presentazione offerta dalla copertina: “La Bibbia presenta Giuseppe come l’uomo dei sogni e del silenzio, il ‘padre’ di Gesù, il carpentiere di Nazaret, lo ‘sposo’ di Maria. La tradizione lo venera patrono della Chiesa universale, lo propone come esempio per i lavoratori, sostegno degli amministratori, conforto dei morenti. Questo libro, attingendo magistralmente alla tradizione ebraica, alla pagina biblica e alla storia della Chiesa, presenta san Giuseppe come padre – icona e ombra del Padre che è nei cieli – che accompagna e assiste la Chiesa nel suo pellegrinaggio. Alle soglie del terzo millennio, in una società senza padri, questo antico patriarca è presentato come modello di paternità per le nuove generazioni. Una lettura nuova, profonda e affascinante, della figura di Giuseppe”. Si parte dal Giuseppe della storia – “inchiesta su un uomo chiamato Giuseppe” - , si passa alla scoperta del mistero di Giuseppe nella tradizione viva della Chiesa, ci si sofferma su Giuseppe come ci è rivelato dallo Spirito o come egli stesso si rivela (le sue beatitudini) e si conclude con un’appendice (Louis Martin padre di S. Teresina e raccolta di preghiere).
La prima parte rimane quella più interessante. Non mancano espressioni forti e suggestive. “Immaginiamo Giuseppe, in alcuni giorni di shabbat, mentre porta Gesù bambino in braccio, oppure partecipa alla processione della Torah: ecco che lo percorre lo stesso brivido, lo invade la stessa grazia santificante, la stessa intensità di percezione della presenza di Dio. Come se ci fosse un’identità e una continuità perfetta e misteriosa tra il Bambino e il rotolo. Il Cristo in effetti è la Torah vivente; è il Libro aperto dell’amore rivelato del Padre, la presenza reale del Libro (p. 42). Giuseppe non è il padre naturale di Gesù, il suo seme non lo ha generato, ma egli ha messo Gesù Bambino al mondo, anzi, nel mondo della storia di Israele, della pratica della Torah, delle usanze ebraiche, della liturgia, dell’etica, di un comportamento unico che universalmente distingue gli ebrei (p. 48). Giuseppe di Nazaret, lo sposo della Vergine Maria, è colui che svolge con saggezza e grazia il ruolo di padre; la sua paternità nei confronti di Gesù Bambino, e nei nostri, è autenticamente e spiritualmente simbolica. A immagine del Padre che è nei cieli, Giuseppe detiene l’autentica autorità, quella che si definisce con un atto che fa crescere e vivere” (p. 51). In effetti, secondo l’etimologia ebraica del nome, Giuseppe è proprio colui “che fa crescere”.

Frère Ephraim, Giuseppe di Nazaret, LEM-Ancora, pp. 201