mercoledì, novembre 29, 2006

IL TEMPO DI GIUSEPPE


Avvicinandoci al Tempo d’Avvento e di Natale, periodo tra i più importanti del cammino di fede in cui ci guida la Liturgia, è bello considerare che questo è anche il tempo propizio di san Giuseppe. E’ importante che il ritmo dell’Anno liturgico, con l’Eucaristia domenicale e le feste infrasettimanali, la liturgia della Parola e la partecipazione alla Chiesa, accompagnino e illuminino la nostra vita cristiana, e anche le nostre devozioni.
Tempo d’Avvento: le quattro settimane che preparano al Natale, rappresentano il tempo della preparazione dell’antico popolo di Dio alla venuta del Messia e impegnano ogni anno la Chiesa a prepararsi nell’accoglienza del Salvatore. Il Signore Gesù, nato 2000 anni fa nella storia dell’umanità e che ritornerà nella gloria alla fine dei tempi, viene sempre ed è sempre da attendere. Chi più di Maria e di Giuseppe hanno saputo attenderlo e prepararsi alla sua venuta? Giustamente Maria è vista come Colei che è l’aurora del Sole che nasce, l’immagine perfetta del credente che si pone nell’attesa della sua venuta. Analogamente anche Giuseppe è il modello esemplare di chi si prepara alla nascita di Gesù. Dopo aver sposato Maria e ricevuto l’annunciazione dell’angelo, il nostro santo non fa che pensare al figlio che deve venire. Il percorso da Nazaret a Betlemme, più ancora del viaggio dei Magi con la guida della stella, diventa l’emblema del cammino di fede che ci porta a preparare la venuta del Signore, a fargli spazio nella nostra vita, nei nostri pensieri e nei nostri affetti, quindi nella nostra casa e nelle nostre azioni. La liturgia del 17 dicembre ci riporta con la genealogia a tutta questa storia antecedente che termina con Giuseppe, figlio di Davide, “lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo”. Il 18 dicembre, come pure la quarta domenica di Avvento (anno A), ultima tappa di questo “tempo forte”, ci presenta proprio la figura di Giuseppe, dopo quella del Precursore, che risponde col suo sì all’annuncio del Salvatore. E’ dunque quanto mai appropriato rivolgere l’attenzione al nostro santo in tale periodo.
Tempo di Natale: Maria che dona Gesù, Giuseppe che lo accoglie come figlio e lo presenta prima ai pastori e poi al tempio, che lo fa circoncidere e gli impone il nome, che lo introduce nel suo popolo e nella Legge, sono l’icona più bella di che cosa significa accogliere il Signore. Oggi possiamo permettere a Cristo di rinascere nel mondo e in particolare nella nostra esistenza, lo possiamo riconoscere o misconoscere, accettare o rifiutare, trovare o non vedere nei poveri, nell’Eucaristia, nella Parola, nell’amore fraterno, nella Chiesa, nella sua volontà e nei fatti di ogni giorno, in noi e negli altri. Darsi da fare per Gesù, lavorare per lui, farlo crescere e difenderlo, ascoltarlo e seguirlo, è quanto ci insegna san Giuseppe. Vediamo il nostro santo nel presepio, ma non riduciamolo a una cornice come il bue e l’asinello. Impariamo a riconoscere il suo ruolo paterno, così intimo al mistero dell’Incarnazione, nella famiglia di Nazaret e nella Chiesa di oggi. Accogliamo il suo messaggio, come fa la liturgia, ripresentandocelo nel contesto della festa dei Santi Innocenti, della Santa Famiglia, della Madre di Dio e dell’Epifania.
Tempo di Giuseppe: se ci può essere qualche difficoltà nella celebrazione del 19 marzo e del 1 maggio, in quanto capitano in tempo quaresimale e pasquale, difficoltà peraltro superabili, è chiaro che il tempo più propizio e naturale per san Giuseppe è proprio quello natalizio e dell’Avvento, legato ai misteri della nascita e dell’infanzia di Gesù. E’ un tempo prezioso, caro e familiare, in cui ben si armonizza la figura del nostro santo nella vita di Cristo e della Chiesa, in quella della famiglia e di ciascuno, nei giorni di lavoro e di festa. L’invito è dunque di approfittare di questo tempo favorevole, prestare più attenzione al suo esempio nelle nostre comunità, e farsi accompagnare dal suo astro lucente incontro al Signore che viene.

Angelo Catapano

lunedì, novembre 20, 2006

FIGLI DELLA SACRA FAMIGLIA - Intervista a Iosep M. Blanquet


1. Chi è il tuo fondatore?
Il mio Fondatore è San Josep Manyanet, canonizzato il 16 maggio 2004. Egli appartiene ad un periodo molto difficile dal punto di vista politico e sociale della Spagna del secolo XIX, ma allo stesso tempo, fu un periodo molto ricco di uomini e donne che, mossi dallo Spirito, diedero una risposta nuova ed originale alle necessità della Chiesa e della società.
San Josep Manyanet nacque a Tremp (in provincia di Lleida e diocesi di Urgell, Spagna) il 7 gennaio 1833. Orfano di padre all'età di appena 20 mesi, sua madre lo educò cristianamente e coltivò la sua vocazione sacerdotale. Egli, durante le varie tappe della sua formazione, dovette lavorare per portare a termine gli studi. Ordinato sacerdote il 9 aprile 1859, dopo 12 anni al servizio del vescovo di Urgell, si sentì chiamato dal Signore a lavorare a favore delle famiglie e a proporre loro il modello della Sacra Famiglia di Nazaret. Fondò due Istituti religiosi — i Figli della Sacra Famiglia Gesù, Maria e Giuseppe e le Missionarie Figlie della Sacra Famiglia di Nazaret — perché continuassero il suo lavoro pastorale. Fu un sacerdote zelante e fedele ai pastori della Chiesa. Scrisse alcuni libri per propagare la devozione alla Sacra Famiglia e orientare la formazione dei religiosi e delle religiose, delle famiglie e dei fanciulli e i giovani. Fu l'ispiratore del tempio della Sacra Famiglia di Barcellona. Morì a Barcellona il 17 dicembre 1901. Beatificato nel 1984, il Santo Padre Giovanni Paolo II lo ha elevato alla gloria dei santi.

2. In cosa consiste sostanzialmente il carisma della tua congregazione?
Come già ho accennato, lo Spirito suscitò San Josep Manyanet per far presente il mistero della Sacra Famiglia di Nazaret e portare i suoi esempi alle famiglie, principalmente per mezzo dell’educazione ed istruzione cattolica dei ragazzi e dei giovani, ed il ministero sacerdotale.
Nel mistero della Sacra Famiglia, San Josep Manyanet trovò il modello della sua santità personale, il punto di riferimento per le sue comunità religiose e il prototipo della Chiesa domestica per le famiglie. D’accordo con il nome del nostro Istituto, chiamati ad essere Figli della Sacra Famiglia come Gesù, dobbiamo diventare testimoni della santità di vita di Nazaret ed apostoli del Vangelo della famiglia proclamato da Gesù con parole ed opere da Nazaret. In questo consiste la nostra spiritualità apostolica.

3. Dove e come sono presenti i tuoi confratelli nel mondo?
Tanto i religiosi Figli della Sacra Famiglia come le Missionarie Figlie della Sacra Famiglia di Nazaret lavoriamo in diversi movimenti ed associazioni familiari e, soprattutto in collegi, scuole, parrocchie, missioni, residenze universitarie, centri di spiritualità e case di accoglienza, ecc. con un’attenzione privilegiata verso le famiglie.
Abbiamo a nostra cura il Segretariato dell’Associazione della Sacra Famiglia e pubblichiamo in spagnolo, italiano e inglese, la rivista La Sagrada Familia, iniziata da San Josep Manyanet nel 1899.
I due Istituti, in Europa, sono presenti in Spagna e Italia; nelle Americhe, negli Stati Uniti, Messico, Colombia, Venezuela, Ecuador, Brasile, Paraguay e Argentina; in Africa, nel Camerun.

4. C'è un posto per san Giuseppe nella spiritualità della tua famiglia religiosa?
Nella tradizione dell’Istituto, la festa di San Giuseppe, quando ancora non c’era quella della Sacra Famiglia, era molto celebrata come patrono dello stesso Istituto, essendo anche il patrono del Fondatore. Quando la festa della Sacra Famiglia, dietro richiesta del nostro Superiore Generale, venne introdotta nel Calendario Universale della Chiesa, la festa di San Giuseppe perse un po’ d’importanza.
Oggi siamo più propensi a parlare e celebrare la Santa Famiglia e ad incentrare la nostra spiritualità nell’insieme dei componenti della Famiglia di Nazaret, così come si fa nell’apostolato con le famiglie nei diversi movimenti ed associazioni. Comunque, viene sottolineato in modo speciale il ruolo di San Giuseppe come sposo e padre nella Famiglia di Nazaret.

martedì, novembre 14, 2006

IL MATRIMONIO DELLA MADRE DI DIO


Per le edizioni Stimmatine di Verona è uscito un nuovo testo di Tarcisio Stramare, noto studioso di san Giuseppe, sui Santi Sposi, dal titolo significativo “Il matrimonio della Madre di Dio” (pp. 80). Si vuole appunto sottolineare come il legame tra Maria e Giuseppe sia un vero legame matrimoniale che non va disgiunto dallo stesso mistero della maternità divina. Non si tratta dunque di un argomento marginale, ma al punto nodale dell’Incarnazione. In quel matrimonio vediamo “l’icona del grande mistero” dove la terra rispecchia il cielo. L’autore traccia la storia della festa liturgica dei “Santi Sposi” o dello “Sposalizio della Beata Vergine con san Giuseppe”, che ha trovato la data più comune il 23 gennaio, evidenziando come essa sia ben distinta da quella dedicata alla Santa Famiglia, in quanto si considera nella prima la causa e nella seconda l’effetto. Quando nel 1961 la Santa Sede ha rivisto il calendario liturgico, la festa dello Sposalizio è stata ritenuta “di devozione” e quindi inserita tra quelle che possono essere celebrate nei calendari particolari per motivi speciali e in luoghi determinati. Stramare quindi afferma: “La sua promozione dipende dai devoti degli innumerevoli luoghi dedicati alla SS. Vergine, a san Giuseppe e alla Santa Famiglia, ma soprattutto dai ‘pastori’, ai quali non mancano certamente ‘i motivi veramente speciali’ creati dalla sempre più diffusa pratica del divorzio e dalla crescente crisi della famiglia. Nessun dubbio allora che la festa dello Sposalizio della B. Vergine con san Giuseppe, giustamente intesa nel suo significato teologico e importanza pastorale, abbia tutte le carte in regola per diventare universale” (p. 16). Occorre dunque considerare bene la teologia del matrimonio, la natura del matrimonio tra Giuseppe e Maria, il fatto che il titolo di Cristo passa attraverso la genealogia davidica, che c’è una coppia al principio della Redenzione. L’immagine dello Sposo e della Sposa d’altronde percorre tutta la storia della salvezza, dall’antica alla nuova alleanza. Non è da trascurare l’intima essenza sponsale della Chiesa, che trova ulteriore significato nel riferimento al matrimonio tra Maria e Giuseppe, vera e concreta “storia del bell’amore”, singolare modello sia per gli sposi che per i consacrati. L’appendice riporta la “Messa dei Santi Sposi”, usabile sia il 23 gennaio che in occasione di celebrazioni per sposi e fidanzati o per famiglie e anniversari di matrimonio. La nostra “Voce di san Giuseppe” l’ha pubblicata recentemente, in un fascicolo a parte che può essere richiesto in redazione. Sono interessanti a conclusione le proposte pastorali di Stramare: inserire l’argomento dello sposalizio di Maria e Giuseppe negli studi teologici; non deve mancare il riferimento ai Santi Sposi nei formulari del matrimonio e nella catechesi per i fidanzati; introdurre nelle litanie l’invocazione “diletta Sposa di Giuseppe” e invocare san Giuseppe subito dopo Maria in quelle dei santi; educare i fedeli ad unire nella preghiera il ricordo di san Giuseppe a quello della sua Sposa; promuovere nell’arte e nelle pubblicazioni la bellezza del matrimonio tra Giuseppe e Maria; e chiaramente celebrare la festa liturgica dello Sposalizio nelle occasioni più opportune.

lunedì, novembre 06, 2006

IO HO UN SOGNO


Chi rinuncia ai propri sogni è costretto a morire. Sto parlando di un sognare che non è ad occhi aperti e a braccia conserte. Sto pensando al sogno di un ideale per cui si lotta e ci si batte. “Io ho un sogno” (“I have a dream”) diceva Martin Luther King nella sua profetica azione di pace contro il razzismo. Giustamente c’è chi dice che “amare è sognare”; solo allora si può credere a un mondo diverso, a una possibilità che diventa realtà.
A ben vedere il sognatore per eccellenza è proprio il nostro san Giuseppe. Non è proprio per lui – puntualmente in sogno – che si realizzano cose incredibili? Non aveva altre cose da fare che pensare che proprio nella sua casa si sarebbero compiute le antiche promesse, in un modo che spiazza ogni immaginazione? Eppure nella sua notte, mentre dorme, il buio è rischiarato da una luce impensata. Dice bene il salmo126: “se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori, invano vi alzate di buon mattino, tardi andate a riposare la sera e vi guadagnate il pane con fatica, il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno”! Inattesa, arriva nei suoi sogni una voce chiara e inconfondibile: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere in sposa Maria”. Il nostro santo, disorientato per i suoi piani che vengono sconvolti e per l’evidenza di ciò che appare agli occhi umani, da questo momento non ha più paura e sa ciò che deve fare. Prima pensava addirittura a come attuare il ripudio richiesto dalla legge. Ora invece sa che prendere Maria come sposa e Gesù come figlio è la singolare volontà di Dio per la sua vita.
“Il bambino che lei aspetta è opera dello Spirito Santo” gli vien detto in sogno. Ed ecco che Giuseppe è disposto a credere all’incredibile. Sa bene che per Dio nulla è impossibile. Con gli occhi del cuore e con la grazia dello Spirito vede l’invisibile e accetta con amore quanto il Signore gli domanda. Giuseppe dunque si sveglia, fa come l’angelo gli ha ordinato e prende Maria in casa sua. Indubbiamente un momento da lui lungamente sognato e corteggiato. Al bimbo che nasce a Betlemme, come vero padre, secondo la voce ascoltata in sogno, impone il nome di Gesù. E’ quanto mai verosimile che Giuseppe, ormai con cognizione di causa, vagheggi e sogni la salvezza messianica portata dal Salvatore che egli stesso presenta al tempio a Gerusalemme. Dopo la visita dei Magi, ancora una volta in sogno, gli appare l’angelo che gli sussurra: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto. Erode sta cercando il bambino per ucciderlo. Tu devi rimanere là, fino a quando io ti avvertirò”. Giuseppe dunque si alza e nottetempo fugge in Egitto. Una fuga che mette tutto a rischio e che farebbe infrangere i sogni di chiunque, davanti alla cruda realtà. Viene a sapere della persecuzione di Erode e della strage degli innocenti a cui è scampato, persecuzione e strage che diventano simbolo di ogni altra tragedia del mondo, ma il nostro santo non perde coraggio e fiducia.
Con fede, da vero uomo giusto, fa la sua parte contro l’ingiustizia umana e spera nell’aiuto di Dio, finché nuovamente sente quella voce nei suoi sogni: “Alzati, prendi il bambino e sua madre e torna con loro nella terra d’Israele, perché ormai sono morti quelli che cercavano di far morire il bambino”. Che cosa c’è di più preoccupante della paura della morte e della perdita del figlio più prezioso e amato? Chi non spera più e non crede ai sogni, quantomeno non si sposterebbe e si chiuderebbe in se stesso. Per san Giuseppe no, c’è da combattere, da difendere e proteggere: che vita magnifica gli si prepara davanti e che avventura meravigliosa lo aspetta! Si rialza con decisione, prende ciò che ha di più caro (il figlio e la madre) e torna in Israele. “Informato da un sogno” - ovviamente – evita di andare in Giudea e si trasferisce a Nazaret in Galilea. Lì avrà tutto il tempo di mettersi a scuola di quel figlio che cresce per scoprire nuovi sogni e ben più ampi orizzonti. Guardando dal Cielo alla Chiesa e al mondo perturbato di oggi, san Giuseppe ben può dire “io ho un sogno”… e noi ben possiamo credergli ed aiutare ad attuarlo.

Angelo Catapano

mercoledì, novembre 01, 2006

L'AGENZIA DI SAN GIUSEPPE - Intervista al giuseppino Valeriano Maragno


In che consiste sostanzialmente l’esperienza che stai conducendo a Padova?
La domanda posta in questi termini mi suona un po’ strana, perché a me sembra di fare semplicemente il mio dovere di Giuseppino.
Devo ringraziare Dio perché ormai da una vita, quella di consacrato, mi sono trovato vicino ai… “giovani poveri e abbandonati” così come è scritto nella nostra Regola (Cost. 45), e perché nel voler restare fedele al carisma del Murialdo, mi sono sempre chiesto: “Cosa farebbe Lui al mio posto, oggi?”.
E’ risaputo che per un Giuseppino la consacrazione e l’unione a Dio passa attraverso l’amore al “fratello”, ricco o povero che sia. Pertanto anche se le strutture (orfanotrofi, ecc…) sono tramontati, ragazzi e giovani bisognosi di aiuto e di riferimenti stabili ci sono ancora e fintanto che ce ne sarà anche uno solo, come Giuseppino, dovrei sentirmi chiamato a dare risposte ai suoi interrogativi, alle sue povertà, alla ricerca di senso per la sua vita, a essere per lui “amico”, “fratello” e “padre”.
Mi sento ancora di ringraziare Dio perché in tutti questi anni le circostanze della vita mi hanno fatto incontrare tanti “collaboratori laici” e “specialisti” che, insieme alla nostra comunità religiosa, hanno collaborato e collaborano al meglio perché il servizio di accoglienza sia sempre più adeguato e rispondente alle necessità delle persone bisognose. Sostanzialmente quindi la “volontà di Dio” per me è proprio la stessa che S. Leonardo Murialdo ha iniziato nel 1800: “Fare il bene e farlo bene”.

Anche oggi i giovani, nella società del benessere, hanno bisogno di essere accolti?
Tutti, in senso lato, abbiamo questo bisogno, giovani e meno giovani, perché con l’accoglienza si fa esperienza di sentirsi amati, amati da Dio attraverso i fratelli (= amore al prossimo e amore reciproco).
Ma per coloro che non hanno sperimentato l’amore della madre e del padre o che, pur avendo avuto dei genitori amorevoli, nel percorso della vita li hanno persi e non hanno mai maturato una autonomia personale, per costoro non trovare nessuno che li accolga con tutto il calore possibile diventa una tragedia!
Gesù nel Vangelo ha detto: “Qualsiasi cosa avete fatto al più piccolo… l’avete fatto a me”. Quindi per me, che mi sento molto amato e accolto da Dio, accogliere l’altro è una risposta dovuta.

Il modello della “Famiglia di Nazaret” ti è di ispirazione?
Il nostro Fondatore, S. Leonardo Murialdo, più volte ci ha indicato la Famiglia di Nazaret come modello del nostro “far famiglia” con i giovani che accogliamo. Certamente noi qui a Padova su questo fronte ci troviamo avvantaggiati perché la struttura non è più un Istituto o un Collegio, ma dei semplici appartamenti presi in affitto, immersi nel tessuto urbano dove, grazie alla collaborazione dei laici, accogliamo al massimo due o tre ragazzi per appartamento, venendo così a formare un piccolo nucleo di quattro o cinque persone: questa piccola dimensione ci ha fatto tante volte pensare alla Famiglia di Nazaret, come modello.

Ti senti aiutato in particolare da S. Giuseppe?
Nella mia esperienza personale ho dovuto cercare casa – quello che in modo silenzioso noi chiamiamo “Agenzia S. Giuseppe” - non tanto per me ma per tanti fratelli che la Provvidenza mi ha fatto incontrare: nel cercarla invoco sempre il suo aiuto perché lui ha sperimentato nei vari trasferimenti la ricerca della casa “in affitto” non potendosi permettere di acquistarla.Nella storia della nostra Associazione ci sono un paio di episodi che, dopo la preghiera delle “sette suppliche” a S. Giuseppe fatta comunitariamente, abbiamo trovato delle case per esigenze particolari con tempestività e più belle di quello che ci aspettavamo.