domenica, dicembre 31, 2006

NATIVITY: SAN GIUSEPPE IN PRIMA VISIONE


Il film “Nativity”, nelle sale cinematografiche in prima visione, presenta naturalmente anche la figura di san Giuseppe, che è uno dei protagonisti, anzi è forse il personaggio che maggiormente risalta in questa pellicola. Interpretato in modo credibile dall’attore americano Oscar Isaac, il film è condotto dalla regia di Catherine Hardwicke, regista in precedenza di “Thirteen” sul mondo adolescenziale. Di due adolescenti e della loro straordinaria avventura racconta pure Nativity: la giovanissima Maria e il giovane Giuseppe. Bisogna dare atto che il film è decisamente fedele al racconto del vangelo di Luca e Matteo, accurato nel riprodurre il contesto storico-geografico, umanissimo nel ripercorrere la storia e i sentimenti di Maria e Giuseppe. Una storia risaputa e raccontata milioni di volte, ma non poche volte dando eccessivo spazio alla fantasia, al miracolismo degli apocrifi, all’enfasi della spettacolarizzazione, alla superficialità scontata o ad una riduzione a fatto puramente umano che esclude l’intervento divino. Qui invece la regia è delicata (si nota la mano femminile), rispettosa del dato evangelico, da un lato asciutta e scarna, dall’altro poetica e suggestiva, accompagnata da una bella fotografia e da una musica dolce. Soprattutto sa entrare nei panni dei personaggi, rappresentati espressivamente nella semplicità del quotidiano e nell’eccezionalità degli eventi.

Senza cedere alla retorica dei kolossal, il film segue l’evolversi del rapporto tra Giuseppe e Maria, fino alla natività e alla fuga in Egitto, con le scene che si susseguono, i discorsi essenziali, i gesti e gli sguardi che esprimono più delle parole. Originale l’incontro tra i due e il matrimonio combinato dai genitori, come era usanza. Scelta da considerare più indovinata di quella fantasiosa degli apocrifi che racconta di pretendenti e bastoni fioriti. L’iniziale ritrosia di Maria, che è ancora una ragazza in età precoce e a stento conosce il promesso sposo, è compresa da Giuseppe che le si fa vicino con totale amore e rispetto. La aspetta quando si reca da Elisabetta, la ama e la rispetta nel momento cruciale della sua misteriosa gravidanza. Giusto e misericordioso, rinuncia a ripudiarla per non esporla al male. Ricevuta anch’egli l’annunciazione dell’angelo, si dona senza riserve a lei e al Bimbo che deve nascere. Alla notizia del censimento e alla conseguente decisione di andare a Betlemme insieme a loro, dice ai genitori di Maria: “proteggerò vostra figlia e il bambino con tutte le mie forze, ve lo prometto!”. Parole che ben definiscono il cuore della sua missione di custode e protettore.

Il viaggio da Nazaret a Betlemme, con l’immancabile asinello, è rappresentato realisticamente nella sua durezza, il lungo cammino con le brevi soste per riposare e mangiare, il percorso nel deserto e tra le montagne, la sofferenza della sete e della fame, l’avversità del caldo e del freddo, del vento contrario... Come è attento Giuseppe ad alleviare il più possibile ogni cosa alla sposa debole e incinta. Come gli è vicina ed affettuosa Maria che in un momento di spossatezza gli lenisce le ferite ai piedi e si rivolge al bimbo dentro di sé: figlio mio, avrai un uomo dal cuore buono e giusto che ti crescerà, un uomo disposto a donare se stesso più di qualsiasi altro al mondo”!… Come è pronto Giuseppe, nel guado di un fiume, a salvarla da un serpente e dal rischio di annegare. Come è umile Maria che si domanda: “perché Dio mi ha scelto? Io non sono niente”! Come è simile a lei Giuseppe che pensando al figlio le confida: “quello che mi chiedo è se sarò mai in grado di insegnargli qualcosa”… All’occorrenza sa difendere dai malintenzionati la moglie e il bambino con forza: “quello che appartiene a noi rimanga a noi”! Il viaggio dalla Galilea alla Giudea, percorso da Giuseppe e Maria, diventa d’ora in poi il simbolo del cammino di fede del credente nei secoli a venire. I momenti facili e difficili, l’amore vicendevole e il sostegno concreto, l’ansia e la paura, la fede e la speranza, la gioia e il dolore, soprattutto la trepidante attesa di quel Figlio… Il dilungarsi del film sulle vicissitudini del viaggio risulta allora significativo. Passando per il tempio a Gerusalemme e vedendo il trambusto dei mercanti, Giuseppe – profeticamente – commenta: e questo dovrebbe essere un luogo sacro! … Basta questo per capire che avrà molto da insegnare a quel Bimbo che sta per nascere e che si ricorderà delle sue parole.

Finalmente arrivano a Betlemme. L’affanno per la ricerca senza frutto di un alloggio è compensato dall’avvenimento centrale di tutta la storia: in una grotta, ricovero di pecore e animali, nasce Gesù, il Salvatore del mondo. E’ proprio Giuseppe, pieno di gioia, a riceverlo, ad innalzarlo al cielo, a prenderlo tra le braccia e a porgerlo alla madre. Non è rappresentato come purtroppo capita altrove, magari distratto o affaccendato a cercare la legna o a portare la lanterna. E’ lui il primo ad accoglierlo in dono e a donarlo. E’ proprio qui che trova il senso della sua vita. Gli era stato detto: “riconoscersi nel viso di un fanciullo è una gioia così grande”… Semplice la scena dei pastori che avvisati dall’angelo si avvicinano e ricevono il dono del Cielo che è anche per loro. Simpatici i Magi che, partiti da lontano e scrutando le stelle, portano i loro regali e riconoscono il regalo più grande nel Messia, “il più grande dei re nato dal più umile degli uomini, Dio che si è fatto carne”. Maria si rivolge a Giuseppe, attestandogli la grandezza del suo compito: “Dio mi ha dato la forza che avevo pregato di avere… me l’ha data il Signore e me l’hai data tu”! Una forza sempre più necessaria davanti alle ingiustizie degli uomini e ad una via che fin dall’inizio non si presenta facile, ma piuttosto una “via crucis” che passa per la persecuzione di Erode, la strage degli innocenti, la fuga in terra straniera. Ma per vie imperscrutabili Dio compie i suoi disegni e Maria può ben cantare alla fine, sulle note di “Astro del ciel”, l’inno di lode del Magnificat, per quello che il Signore ha fatto per lei e per il suo sposo, e - a cominciare da loro - per l’umanità intera.

Angelo Catapano

sabato, dicembre 23, 2006

CON LA GUIDA DELLA STELLA


Nella “epifania” del Signore, troviamo una suggestiva immagine della Chiesa come pellegrinante popolo di Dio incontro a Cristo, sulle orme dei Magi, come se tutta la comunità cristiana, nel suo cammino di 2000 anni, non fosse che una “lunga processione” che solca la storia, secondo l’espressione del papa Benedetto XVI nella Giornata mondiale della gioventù, svoltasi l'anno scorso a Colonia in Germania.

C’è una stella che guida questi sapienti che dall’oriente, in un lungo viaggio, trovano il luogo tanto cercato a Betlemme, dove si trova il Re dei re. Insieme a Gesù, il Salvatore del mondo, trovano anche Maria e trovano pure Giuseppe: la presenza di Dio stesso fattosi Bambino, non in un palazzo reale, ma in mezzo alla povera gente, in mezzo innanzitutto a quei due Sposi che l’hanno accolto senza riserve nella loro vita. La nascita di Cristo ha portato la “rivoluzione” nel mondo, spiazzando l’idea dei Magi e di ogni uomo, di ieri, di oggi e di domani, su quello che è lo “stile di Dio” venendo sulla terra, che sceglie non la forza dell’onnipotenza ma l’umiltà della donazione di se stesso. E’ una rivoluzione che avviene innanzitutto nella Madre di Dio e nel padre terreno di Gesù. Soffermandoci sul compito a cui è stato chiamato san Giuseppe, ci avvediamo che per la sua cooperazione al mistero dell’incarnazione, è stata sconvolta da quel momento in poi tutta la sua esistenza. Il viaggio di Giuseppe da Nazaret a Betlemme è la prima icona di questo cammino incontro a Cristo a cui sono chiamati tutti i credenti. Non ci sono più per Giuseppe altri pensieri e progetti se non quello di vivere per Cristo, con Cristo e in Cristo. Ciò che il nostro santo ha vissuto alla lettera diventa l’ideale per tutta la Chiesa.

Attraverso di lui, come attraverso tutta la schiera dei santi, ha sottolineato il Papa nella veglia con i giovani, “il Signore lungo la storia ha aperto davanti a noi il Vangelo e ne ha sfogliato le pagine”. La pagina di Vangelo aperta da Dio con san Giuseppe è proprio quella che spalanca l’accoglienza al Salvatore e che ribalta la vita: non più cercare se stessi o inseguire i propri desideri, ma cercare sempre il Signore, trovarlo e adorarlo “con grandissima gioia”, offrirgli come i Magi i nostri doni più preziosi, o meglio come Maria e Giuseppe, donargli noi stessi e vivere solo per servirlo e portarlo ai fratelli. Così si diventa luce per gli altri, segni della luce di Cristo nel mondo. In effetti la stella luminosa che guida nella notte e porta con certezza a Gesù, è rappresentata in modo splendido dai nostri due personaggi: da Maria, indicata come la “stella della nuova evangelizzazione”, a cui guardare per non perdersi nei pericoli della vita; e poi da Giuseppe, astro lucente che conduce chiaramente a Gesù e a Maria, invocato come Custode paterno del Redentore e Patrono della Chiesa universale.

Se il mondo va male e molti sono a rischio della sopravvivenza, se non diminuisce la preoccupazione per le guerre e la violenza, per il terrorismo e l’intolleranza, è ancora più necessario levare lo sguardo verso l’alto e lasciarsi guidare dalla stella. Portare il divino nell’umanità, il Cielo sulla terra, è il sogno da realizzare, la “rivoluzione” da fare. Una rivoluzione che parte da se stessi con la conversione e trasforma la società. D’altra parte i santi sono “i veri riformatori”, dice Benedetto XVI: “solo dai santi, solo da Dio viene la vera rivoluzione, il cambiamento decisivo del mondo”. E’ importante in questo tragitto farsi accompagnare in particolare da san Giuseppe e dalla luce della sua stella: permettere al Signore di nascere e rinascere nella nostra vita, crescere interiormente nel suo amore, difendere la fede nell’ambiente in cui si vive, costruire un mondo più giusto e fraterno, diventa d’ora in poi sul suo esempio il compito rivoluzionario di ogni cristiano.



Angelo Catapano

domenica, dicembre 10, 2006

UNA GUIDA INSOSTITUIBILE - Intervista al giuseppino p. Agostino Montan


Non c’è presepio, nemmeno il più piccolo, in cui non ci sia. Eppure la tentazione di considerarlo una specie di “controfigura” resta sempre dietro l’angolo. Invece san Giuseppe è una guida insostituibile per entrare davvero nel mistero dell’incarnazione. Vale la pena, dunque, provare a riscoprire tutto lo spessore di questa figura. “Giuseppe non è un personaggio secondario nel grande avvenimento della nascita del Salvatore; vi ebbe una parte vera, positiva e fondamentale”, commenta padre Agostino Montan, docente alla Pontificia Università Lateranense, che da buon Giuseppino del Murialdo col padre putativo di Gesù ha un debito particolare. “Collocare Giuseppe nel presepe – spiega – significa ricordare a tutti il suo modo di servire umile e maturo, significa ricordare la sua partecipazione alla vicenda straordinaria della salvezza. San Bernardo amava dire che la grandezza di Giuseppe di Nazareth è consistita nel fatto di aver custodito i più preziosi tesori di Dio Padre, il Verbo incarnato e la sua santissima Madre”. Personaggio centrale. Ma nei Vangeli non pronuncia nemmeno una parola. “Il suo è un silenzio che non accettiamo facilmente – risponde padre Montan -. Ci infastidisce. Giovanni Paolo II, nell'esortazione apostolica del 1989 Redemptoris custos sulla figura e la missione di San Giuseppe, riflette a lungo su questo silenzio e ne offre una spiegazione interessante. Quello di Giuseppe, annota il Papa al numero 25, è un silenzio che svela in modo speciale il profilo interiore della sua figura. E’ l'uomo dell'interiorità, l'uomo capace di vivere in una profonda contemplazione. In quotidiano contatto col mistero divino, supera inquietudini e paure. Fa quanto gli viene chiesto dall’Angelo dimostrando una disponibilità del tutto simile a quella di Maria». Ed è un atteggiamento che lo porta lontano. «Questa sua capacità d'interiorità­ - continua il religioso - fa entrare Giuseppe nel giusto rapporto con gli uomini e con le cose. Non è un .visionario, ma un uomo giusto, favorito da una singolare vocazione più che da sogni meravigliosi. Giusto cioè credente: sa vedere la presenza di Dio anche negli avvenimenti più inspiegabili della storia». In silenzio, dunque, ma non in disparte. «Rivolgendosi a Giuseppe Dio sa di parlare con lo sposo della Vergine di Nazareth - aggiunge padre Montan -. Il legame sponsale tra Maria e Giuseppe non è mai messo in questione. Non è un semplice espediente per risolvere qualche problema pratico; va preso in tutta la sua verità, come direttamente prestabilito da Dio. Giuseppe non si è trovato per caso a essere padre di Gesù. Egli entra a far parte di una nuova famiglia che trae origine solo dall'iniziativa divina». E’ dentro questo rapporto che il mistero del Natale ci invita a entrare. E allora è bello accostarsi al presepe con lo sguardo di Giuseppe. Scoprire che anche nella nostra vita c'è un Gesù Bambino da prendere in braccio e custodire. Magari dopo qualche notte non troppo tranquilla. «In san Giuseppe - conclude Montan - si trovano i tratti evangelici che sono richiesti ai cristiani e alla Chiesa di tutti i tempi: ascolto della Parola di Dio e disponibilità assoluta a servire fedelmente la volontà salvifica di Dio, rivelata in Gesù».

Giorgio Bernardelli
(Avvenire)

martedì, dicembre 05, 2006

TU GIUSEPPE


Questa opera vuol essere una biografia romanzata di Giuseppe di Nazaret. Una ricostruzione della sua vita inquadrata nelle circostanze del suo tempo. Figura giovanile di un Giuseppe innamorato di Maria, che sente il peso della sua gioia e della sua responsabilità, come padre di colui che gli era stato affidato: il figlio di Dio. Quindi un Giuseppe attuale che vive le vicende e i rischi della vita, e che segue i comandamenti del suo cuore. Lunghi anni vissuti in Terra Santa hanno dato all’autore l’opportunità di scrivere questa storia di un uomo vero travolto dalla fede e dall’amore.
Docente di Sacra Scrittura e diretto conoscitore dei luoghi, Vernet mette bene in evidenza la geografia della Palestina. La prima parte è ambientata in Giudea: vengono presentati, come in un prodromo, un po’ tutti i personaggi che partecipano alla storia che viene raccontata e che viene messa sulla bocca di Giuseppe in prima persona (il padre, la madre, i fratelli, Maria, Zaccaria), le località (Ain Kàrem, Betlemme), fino alla sua decisione di fidanzarsi con Maria.
E qui comincia la seconda parte, intitolata “Galilea”: l’addio al paese d’origine, il viaggio verso le colline di Nazaret dove abita la sposa, il passaggio per la Samaria, Seforis e Cana, l’incontro con Anna e Maria di Cleofa, l’allestimento della casa nuova ricavata in una roccia e finalmente la festa di nozze; a questo punto Maria svela a Giuseppe il progetto di Dio ed egli lo accetta con trepidazione e grande fede; c’è poi la visita di Maria a Elisabetta; intanto nel cuore di Giuseppe viene fuori “la tempesta”, il dubbio di essere fuori posto in quel piano di Dio, ma ecco che anche per lui sorge “l’arcobaleno”, l’angelo che lo rassicura: “sappi che anche tu hai trovato grazia agli occhi del Signore, Dio è con te!” (pp.128-129); il racconto prosegue con la nascita di Giovanni, il cantico di Zaccaria e il ritorno a Nazaret.
La terza parte: Giudea, Egitto, Galilea. Giuseppe accompagna Maria a Betlemme, le presenta i parenti e non trovando altro posto si adattano in una grotta che conosceva già da ragazzo; viene “l’ora di Dio”: nasce il Bambino, lo porta al tempio, vengono i Magi, fuggono in Egitto, ripercorrono l’esodo e il deserto; dopo il tempo dell’esilio si narra il ritorno in Galilea e la vita a Nazaret; non si possono dimenticare “i tre giorni di martirio” della perdita di Gesù dodicenne; infine il declino delle forze, la morte e l’epilogo. A conclusione: “Giuseppe è come il riflesso di Dio sulla terra – diceva Maria – come la sua presenza. Veramente amato da Dio e dagli uomini, come dicono i nostri libri santi… La sua vita fu tutta al servizio di Gesù e di Maria. Noi crediamo che effettivamente furono parole profetiche quelle del saggio orientale rivolte al caro scomparso: Giuseppe fu il più felice dei mortali… Che altro paradiso potrà dargli Dio se lui ha vissuto il cielo sulla terra?” (pp. 209-210).

JOAN M. VERNET, Tu Giuseppe, ed. Shalom, pp. 220.