mercoledì, novembre 26, 2008

UNA PATERNITA' DISCRETA


E’ un libro che introduce nella spiritualità di san Giuseppe, conducendo il lettore alla scoperta di un mistero a cui ci si affaccia gradualmente. L’autore considera lo sviluppo progressivo dell’emergere della figura di san Giuseppe nella storia, per una pedagogia divina che porta dalla “lunga notte” dei primi secoli al “levar del giorno” nel XV secolo, con il grande cambiamento operato da Bernardino da Siena, Jean Gerson, Isidoro Isolani e Teresa d’Avila, per passare poi da Leonardo di Porto Maurizio e Alfonso de’ Liguori, fino all’Ottocento col papa Pio IX. Tra il Cinquecento e il Seicento c’è “un secolo meraviglioso”, in cui si affermano le grandi intuizioni grazie al Carmelo, a san Francesco di Sales e a mons. Olier. L’autore Doze, cappellano al santuario di Lourdes, pone in risalto pure l’apporto di Bernadette, che entrata in convento a Nevers dice alle consorelle: ”non sapete che adesso mio padre è Giuseppe?”; richiamata perché prega Maria davanti a una statua di san Giuseppe risponde: “la Santa Vergine e san Giuseppe sono perfettamente d’accordo e in cielo non vi sono gelosie”! La logica della sua preghiera a Maria e a Giuseppe è stringente: “crescete in me Gesù, crescetelo come a Nazaret”. E’ attratta da quel luogo della Galilea, per tutto quel mondo spirituale che evoca: trent’anni in cui i tre personaggi più importanti della terra vivono nascosti; è quanto lei decide nel farsi suora: “sono venuta per nascondermi”. Andare da Giuseppe è il desiderio di Maria, scendere da Gerusalemme a Nazaret è il simbolo del cammino percorso da Gesù a 12 anni e proposto a tutti. Passare per il nascondimento e per quella morte di cui Giuseppe è specialista (morire a se stessi per far crescere Gesù) è il modello della più autentica conversione. San Giuseppe è l’ombra del Padre eterno, la nube biblica che avvolge l’Onnipotente e la sua scelta di vivere in mezzo agli uomini. E’ il tempo paterno sulla terra, l’uomo del mercoledì (il quarto giorno della creazione in cui appaiono i “due grandi luminari”), il mistero più nascosto: ossia la sua paternità discreta, condizione per la maternità di Maria e la presenza dello Spirito di Cristo nell’uomo. E’ l’aquila (Ap 12,14) che dal cielo protegge la Chiesa, come sulla terra ha protetto la sua Famiglia. La Chiesa deve scoprire e proclamare la singolare paternità di Giuseppe, come ha fatto con la maternità di Maria. Occorre riconoscersi chiaramente come “figli di Giuseppe”, imparare da lui la via del silenzio, la notte della fede, l’arte dell’espirare. In conclusione: “PER ANDARE DOVE NON SAPETE, cioè per entrare in quello spazio sconosciuto e molto ben custodito rappresentato da quei 18 anni in cui Gesù, Dio-Bambino è divenuto il Figlio dell’Uomo, in cui è elaborato tutto il Vangelo; per penetrare nel luogo e nel tempo di ogni meraviglia, PASSATE PER DOVE NON SAPETE, cioè diventate figli e figlie di quest’uomo silenzioso, nascosto, invincibile, che soltanto Maria conosce davvero e ci mostra. Vedrete che egli possiede il segreto di ogni luce, di ogni stabilità, perché la Parola venuta attraverso Maria a lui è stata affidata” (p. 234).

ANDRE’ DOZE, Giuseppe – Una paternità discreta, Edizioni PIEMME, pp. 240

venerdì, novembre 14, 2008

IL RITROVAMENTO DI GESU'


Luca 2,40-52
1. Anche in questo episodio S . Luca usa 1' espressione “i suoi genitori”, includendo evidentemente S . Giuseppe, che viene chiamato da Maria stessa “tuo padre”. Lei ben sapeva che suo figlio era nato per opera di Spirito Santo, ma sapeva ugualmente bene che Giuseppe aveva cuore e cure di padre per Gesù.
2. L'evangelista accomuna i due genitori nella medesima decisione di condurre Gesù, che ha raggiunto l'età maggiorenne secondo la mentalità ebraica, a Gerusalemme; li accomuna nella convinzione che Egli stia con la parte della carovana in cui nessuno di loro si trova; li accomuna nella medesima ansia angosciosa. della ricerca, del ritorno frettoloso a Gerusalemme, nel drammatico dubbio circa la sua incolumità; nello stupore (il testo originale dice: sbalorditi!) di vederlo tranquillamente seduto ad ascoltare i dottori della legge, a chiedere spiegazioni, a rispondere alle loro domande. Soltanto Maria, la madre, gli rivolge però la parola, un' accorata domanda. Ma nessuno dei due riesce a capire la risposta che il figlio dà alla madre, che “serba tutte queste cose nel suo cuore”, come certamente anche S. Giuseppe.
3. L'Incarnazione del Verbo di Dio in Gesù comporta il suo inserimento in tutte le realtà umana e quindi nella storia di un popolo, quello ebraico, e in una famiglia costituita secondo le tradizioni locali, concrete. La Santa Famiglia non solo pregava insieme, come tutti gli Ebrei, nelle ore fissate dalla tradizione, ma tutta la vita quotidiana era animata dai movimenti discrete e precisi di Maria, che provvedeva con intelligente e solerte attenzione alla casa e alle necessità dello sposo e del figlio; era allietata dalla presenza di Giuseppe, e Gesù, che insieme lavoravano in casa e nella strada, chiacchierando tra loro, scambiandosi sguardi d'intesa, risatine o canticchiando serenamente.

Cosa dicono queste cose per la vita familiare?
- Anzitutto viene richiamata la necessità di inserire la famiglia nella vita e abitudini del proprio popolo, della gente tra cui si vive. Si fa parte di una comunità, regolata da precise leggi e obblighi; non ci si può considerare individui, né gruppo familiare estraneo o indifferente.
- Forse l'episodio mostra come i genitori di Gesù gli lasciassero una certa libertà di scelta e di iniziativa autonoma, che comporta sempre dei rischi...
- Ancora una volta i genitori sono richiamati alla realtà che i figli non appartengono loro in esclusiva: essi hanno la responsabilità, spesso pesante e non sempre chiaramente determinata, di far crescere i figli secondo il progetto che Dio ha. su di loro. E questa realtà, per tanti aspetti misteriosa, li sottopone a dubbi, incertezze e anche a possibili errori di valutazione.
- Non raramente i figli superano le attese e i desideri dei genitori: essi vengono così a trovarsi dinanzi a realtà che li trascendono e sfuggono alla loro programmazione...
- Una domanda: qual è il clima abituale della vostra famiglia? sereno? teso? freddo?... Cosa fare per migliorarlo, e renderlo sempre più vivibile?

Il matrimonio di Maria e Giuseppe.
L'essenza del matrimonio è la mutua donazione totale di sé al coniuge: fisica, morale, spirituale... finché morte non li separi.
Il fine del matrimonio è duplice: la mutua integrazione nell'affrontare la vita (=condivisione di progetti e di esecuzione, vicendevole appoggio...) e la procreazione ed educazione della prole.
Ora, Maria e Giuseppe mirarono e raggiunsero l’essenza del matrimonio.
Circa il fine distinguiamo:
- non procrearono per unione fisica, ma Maria generò per opera di Spirito Santo;
- insieme operarono per la crescita e l'educazione del figlio,
- si sostennero vicendevolmente nell'affrontare le vicissitudini dell'esistenza.
L'intervento dello Spirito Santo sposta l'attenzione allo Spirito stesso.
Chi è? E' l’amore sostanziale, vicendevole, libero, gioioso, mutuo del Padre e del Figlio, che nella distinzione delle Persone fa sì che siano un solo Dio!
Cosa fa? Unisce senza annientare né confondere, in uno scambio libero, gioioso, totale, gratuito il Padre e il Figlio. Essi si danno reciprocamente in piena libertà e gratuità.
Questo stesso effetto lo produce in Maria - nella quale fa concepire il Figlio - e in S. Giuseppe - al quale consegna (annunciazione dell'angelo!) la sposa da amare e integrare - e il figlio, da crescere ed educare, in un domo vicendevole totale, gioioso e gratuito.
Il centro della loro vita è il Figlio, ma reciprocamente essi stessi sono l'uno/a per l'altro/a nel comune - anche se diverso – senso della vita: il Figlio!
Nel matrimonio di Maria e Giuseppe si realizza pienamente il progetto iniziale della creazione dell'uomo: uomo e donna, a immagine della Trinità.
In esso si realizza pienamente il dono dello Spirito Santo “riversato nei nostri cuori” (Rom 5,5).
In esso si realizza pienamente la preghiera di Gesù nell'ultima cena: “siano come noi una cosa sola” (Gv 17,22). Qui perciò possono trovare motivi e fonte di riflessione e di imitazione sia le persone sposate, sia quelle consacrate.


Aldo Marengo

mercoledì, novembre 05, 2008

LA PRESENTAZIONE DI GESU'


1.- Anzitutto viene sottolineato per ben quattro volte che la presentazione di Gesú al tempio avviene per osservare le prescrizioni della legge mosaica; non per nulla S. Giuseppe ' detto 'uomo giusto', cioè pienamente ligio allo spirito e alla lettera della legge del suo popolo.
2.- S. Luca nomina poi per due volte la presenza dello Spirito Santo, come aveva già fatto nell'annunciazione di Maria e nella visita a S. Elisabetta.
3- L'evangelista poi non esita ad usare le parole “i genitori” per indicare non solo la madre, ma anche S. Giuseppe, e di chiamarli “i1 padre e la madre di Gesù”: veri genitori, anche se Maria aveva concepito per opera di Spirito Santo; veri padre e madre di Gesù. La paternità di S. Giuseppe viene qui affermata a chiare lettere; era vera paternità di donazione totale al figlio: mente, volontà, cuore, sentimenti, presenza attiva di assistenza, custodia, educazione.
4.- Curioso è poi il fatto che Simeone dopo aver benedetto i genitori, si rivolge soltanto a Maria, sua madre, lasciando da parte il padre; cosa tanto più strana perché contraria alla tradizione del popolo ebraico, che riconosceva solo nel padre l'autorità sulla famiglia. S. Giuseppe si stupisce delle parole pronunciate da Simeone, ed è portato a riflettere sul ruolo che gli compete in questa famiglia: il centro è il bambino, ..vicino a lui anzitutto la madre; a sé tocca di assistere i due con la sua presenza e attività sponsale e paterna. Di questo è ben conscio, ed è riconoscente per il ruolo assegnatogli da Dio: nessun uomo potrebbe desiderare di meglio!
5.- Gesù viene qui presentato come salvezza per tutti i popoli, oltre che gloria del suo popolo. E' una visione, che supera i normali orizzonti della mentalità ebraica, che considerava tutti gli altri popoli come esclusi dalla salvezza del Messia. Anche per questo i due “padre e madre si stupivano delle cose che si dicevano”.
6.- Inoltre a Maria vien predetto: a te una spada trafiggerà l'anima; profezia ancora oscura, ma drammatica, che colpisce profondamente non solo il cuore di Maria, ma anche quello del suo sposo Giuseppe.

Che cosa significa per noi questo episodio della vita della santa famiglia?

- Che la nostra vita, dono gratuito di Dio, sta meglio nelle sue mani che nelle nostre, che perciò - a imitazione di Maria SS.ma e S. Giuseppe, dobbiamo offrirla volontariamente a Lui, perché Lui possa compiere in noi e per nostro mezzo il suo progetto di amore per tutti. Questo credette e così operò anche san Leonardo Murialdo.
- Che la volontà di Dio, espressa attraverso i comandamenti e soprattutto 1'insegnamento e la vita di Gesù come ci viene descritta nel vangelo; è il nostro bene, anzi il meglio per noi. Dio è più intelligente di noi, e sa meglio di noi ciò che ci conviene, e ci vuole più bene di quanto ce ne vogliamo noi. Anche san Leonardo si lasciò guidare da queste convinzioni e ne fece il programma delle sue scelte.
- Che i ruoli dei genitori sono diversi; ognuno deve rendersi conto di quello che spetta a lui, e rispettare quello che spetta all'altro/a.
- Che i figli hanno un proprio destino-missione, che non tocca ai genitori stabilire, ma accettare e favorire, e che talora esige dolorose rinunce e distacchi.
- Che la vita, anche quella dei nostri cari, non è sempre facile, né destinata a raccogliere ovunque e sempre, da tutti, comprensione e consensi. E questo impone una linea educativa realistica, che esclude una soverchia preoccupazione per offrire ai figli tutto il meglio, voler eliminare tutti gli ostacoli dalla loro esistenza; e obbliga a togliere ogni illusione dalla mente dei figli circa il loro avvenire concreto.


Aldo Marengo