lunedì, febbraio 23, 2009

SPOSO E PADRE


Dio é infinitamente sapiente e potente e non senza una ragione profonda sceglie per i suoi fini un mezzo a preferenza di un altro. Noi non possiamo giudicare la sua opera; ma
piuttosto dobbiamo ricercare i motivi per i quali sceglie una via piuttosto che un'altra. Potremmo domandarci: perché Dio volle che il suo Divin Figlio, Nostro Redentore e Salvatore, nascesse da una Vergine sposata a san Giuseppe? Anzitutto perché anch'Egli doveva concorrere collaborando all'opera di REDENZIONE.
San Tommaso d'Aquino scrive: ”Quando Dio elegge e destina alcuno a qualche opera grande, lo apparecchia e lo dispone in modo che sia idoneo a quell'opera cui é destinato. San Giuseppe doveva entrare in questa economia della Provvidenza. Scelto a Sposo della Madre di Dio, e Padre verginale e legale di Gesù, doveva essere arricchito di tali grazie da essere degno della sua missione”.
Altro ammirabile dono, che san Gluseppe ha ricevuto da Dio é l'essere stato predestinato a compagno di Maria e testimone della sua verginità. Maria è dopo Gesù, il primo oggetto della compiacenza divina. Dice il Padre Suarez: Dio ama di più la Beata Vergine da sola che tutti gli altri santi. E' per l'amore che le portava che la scelse fra tutte le donne e la elevò all'altissima dignità di Madre del Verbo e Corredentrice degli uomini. Ma, per lo stesso amore che Dio aveva per Maria, doveva provvedere al suo bene e al suo onore. E per fare ciò di chi si servì? Si servì di san Giuseppe, facendolo suo sposo. Affinchè le fosse compagno inseparabile, sostegno , conforto, difensore, testimone veritiero, custode fedele ed assertore della divina maternità. e perfetta verginità. di Lei".
San Giuseppe sorpassa in santità i Patriarchi, tutti i Santi e gli Apostoli e anche tutti gli Angeli del cielo. San Giuseppe, essendo stato elevato alla dignità più alta dopo quella della Madre di Dio, era giusto che da Dio fosse predestinato anche ad avere sulla terra un’abbondanza tale di grazie da superare qualunque altro santo, all'infuori di Maria, e occupare nella gloria del cielo, il primo seggio, dopo quello della sua sposa Santissima.
San Giuseppe fu predestinato sopra i Patriarchi e i Profeti. Avendo pertanto sorpassato in santità l'antico Giuseppe, il più santo tra i Patriarchi, ne viene di conseguenza che Egli sia il più grande di tutti i Profeti e maggiore dei Patriarchi e superiore anche a San Giovanni Battista.
Fu maggiore dell'antico Giuseppe, perché questi non fu che una figura profetica di lui, e la figura é sempre inferiore all'oggetto figurato. Fu pure superiore a tutti i profeti, poiché nessuno ebbe vita così intima con Dio come Egli col Verbo incarnato. Da questa divina predestinazione subito comprendiamo l'eccelsa dignità di san Giuseppe.
San Giuseppe è grande, è importante nel piano salvifico di Dio perché "sposo della Madre del Redentore". Dice Paolo VI (1966) "Questo é il segreto della grandezza di san Giuseppe… l'aver fatto della sua vita un servizio, un sacrificio, al mistero dell'incarnazione e alla missione redentrice che ci é congiunta".
San Giuseppe é inoltre ESEMPLARE come sposo e come padre. La vera devozione deve infatti portare all’imitazione. Dice ancora Paolo VI "Non ci basti invocare: dobbiamo imitare. Che Cristo abbia voluto essere protetto da un semplice artigiano nell'umile nido della vita familiare ci insegna che ognuno può così proteggere Cristo nel regno delle pareti domestiche e nel. mondo del lavoro".
Esemplare come padre: per il figlio si sacrifica (Egitto); rispetta la vocazione del figlio, pur non comprendendola (tra i dottori); accetta e compie una missione impensabile, educare, formare e crescere il Figlio di Dio, (era loro sottomesso) esercita una vera autorità che é ancora una volta "donazione". Ama Gesù e perciò a Lui si dona totalmente. Che ne pensano i genitori possessivi e, di contro, mancanti di autorità?
Come sposo di Maria è COLLABORATORE ALL'OPERA DI REDENZIONE. Su questo aspetto della sua vita e della sua missione, come è per Maria Vergine, si fonda la nostra devozione. E come é avvenuto per la Vergine dopo il Concilio Vaticano II, anche per S. Giuseppe dobbiamo insistere su questo fondamento.
La Vergine accetta la collaborazione all'opera redentrice del Fig1io di Dio, con il suo “sì” all'Annunciazione, e san Giuseppe con i1 suo: "Fece come l'angelo gli aveva ordinato". E come per Maria, anche per Giuseppe la collaborazione alla redenzione avviene nel1a fede. Né Maria, né Giuseppe, con la loro accettazione, sapevano precisamente quello cui andavano incontro,
ma si fidavano della parola di Dio, e si abbandonavano fiduciosi alla Sua volontà. San Giuseppe collaborò agli inizi della Redenzione, noi siamo chiamati e quindi dobbiamo collaborare alla sua diffusione. "Andate in tutto il mondo..; Fate mie discepole tutte le nazioni" (Mt 28).
Che San Giuseppe diventi per tutti un singolare maestro nel servire la missione salvifica di Cristo, compito che nella Chiesa, spetta a ciascuno e a tutti: la missione é per tutti, anche se non per tutti allo stesso modo. C'é chi va fisicamente - i missionari - , c'é chi va spiritualmente; S. Teresa di Gesù Bambino è Patrona delle missioni, pur non essendo mai stata in terra di missione, ma il suo cuore bruciava di ardente amore missionario, e c'è chi va missionario nel suo ambiente di famiglia, di parenti, di lavoro, di svago.
Anche questo "andate" é cammino di fede: "C'è chi semina e chi miete". Siamo invitati a seminare, il raccoglitore é Dio, Egli vuole la salvezza di tutti gli uomini: raccoglierà certamente anche se noi non lo vedremo.

Paolo Borella

martedì, febbraio 10, 2009

CITTA' DI SAN GIUSEPPE



Nonostante le ansie e le giuste preoccupazioni che accompagnano l’inizio del terzo millennio, per cui siamo solidali con i dolori del mondo intero, sia a causa dei cataclismi naturali che per la violenza dell’uomo, il cristiano proprio perché tale non può perdere la speranza. Sappiamo di essere nelle mani di Dio e quindi in buone mani, sotto la protezione del nostro santo e quindi non abbiamo paura.
San Giuseppe ci porta Gesù, il Salvatore, e ci guida alla salvezza che viene da Lui. Ha protetto a suo tempo la santa Famiglia e anche oggi protegge la Chiesa dalla “strage degli innocenti” che in vari modi e in tanti luoghi si rinnova. Siamo fortunati di poter contare sul suo patrocinio, tanto più noi che dal Seicento, qui ai piedi del Vesuvio, abbiamo preso il nome da lui: a partire da quella chiesetta che gli è stata dedicata nel 1622 all’attuale santuario eretto in suo onore; dal paesello di una volta, terra di campagna, all’attuale cittadina, Comune capofila del distretto del suo territorio. Lo sviluppo della popolazione, commerciale e produttivo, ha portato il nostro centro a distinguersi come “città del commercio”. In una fase di crisi economica, che colpisce anche la nostra zona, è auspicabile un rilancio delle aziende e delle industrie locali, migliori servizi per la popolazione, maggiore cura della viabilità e innanzitutto della vivibilità. Il nostro Patrono, nel cui nome veniamo identificati, ci aiuti a liberarci dai mali della vita presente, a rinnovare nella fede e nell’amore le famiglie e la comunità civile ed ecclesiale. Ci insegni a ritrovare il senso dell’esistenza e di un lavoro intraprendente all’insegna della giustizia e della solidarietà.
Rimanga nostra preziosa eredità, e risalti maggiormente in futuro, che siamo la “città di san Giuseppe”. Sono passati oltre cinquant’anni dall’edificazione dell’altare e del “Trono”, altrettanti dalla morte del fondatore mons. Giuseppe Ambrosio. Il Vescovo diocesano dell’epoca dichiarò esplicitamente: “In fraterna gara di pietà e di apostolato con il servo di Dio Bartolo Longo, realizzatore della Città di Maria, alla città natale, che già ne portava il nome, diede il crisma e l’aureola religiosa di Città di san Giuseppe”. All’opera straordinaria di don Peppino e a tutti coloro che vi hanno contribuito dobbiamo la realizzazione di quello che è il monumento per eccellenza della nostra cittadina, luogo che è sempre stato il “cuore” della nostra comunità fin dal suo sorgere. Tuttora quando i sangiuseppesi dai rioni vanno al centro dicono: “andiamo a san Giuseppe”, intendendo chiaramente la chiesa con la piazza davanti. Ora ci si augura un rilancio del santuario, che riqualifichi l’immagine della nostra cittadina, con opportune iniziative di animazione e strutture di sostegno, a cominciare dalle necessità di manutenzione e di restauro. Dovrebbe crescere al riguardo l’attenzione dei cittadini e dell’amministrazione pubblica. Ci si compiace del progetto comunale di risistemazione della piazza centrale e degli spazi adiacenti il santuario. Basterebbe imparare almeno un po’ dalla vicina Pompei, come a suo tempo ha fatto pure il nostro fondatore.
In Italia, oltre S. Giuseppe Vesuviano, c’è solo un altro Comune che si intitola a san Giuseppe; è più piccolo e si trova in provincia di Palermo: si chiama S. Giuseppe Jato. La città più grande che porta il suo nome risulta essere San José in California (USA) che conta oltre un milione di abitanti. Sarebbe interessante fare una ricerca sulla “toponomastica giuseppina”. Quel che però conta di più è che tutti gli amici del nostro santo si sentano come una famiglia e una grande città, i cui componenti sebbene dispersi nel mondo siano accomunati nell’amore e nella protezione di san Giuseppe: cittadini di tante nazioni che ritrovano nel modello di Nazaret lo spirito che affratella e il riferimento comune, abitanti di lingue e razze diverse che imparano da san Giuseppe ad essere il popolo di Dio, ad accogliere Maria per sempre nella propria casa, Gesù come il Signore e Salvatore. Gente operosa che lavora per la costruzione della città terrena ma con lo sguardo rivolto al Cielo. Siano sempre più così, in umiltà e semplicità, in carità e fraternità, i “cittadini di san Giuseppe”!


Angelo Catapano

domenica, febbraio 01, 2009

MISTERI DELLA VITA NASCOSTA


E’ opportuno riportare la presentazione che fa a questo libro, indirizzato piuttosto agli studiosi, l’autore stesso, Tarcisio Stramare, degli Oblati di san Giuseppe.
Il mio interesse scientifico – scrive - per i racconti evangelici dell’infanzia e della vita nascosta di Gesù risale all'inizio dei miei studi presso il Pontificio Istituto Biblico, dove lo stimato p. Max Zerwick aveva scelto come tema del suo corso di esegesi del N.T. proprio Luca I-II. Il passaggio a Matteo I-II avvenne solo più tardi, occasionato e richiesto da una conoscenza più approfondita della figura e della missione di san Giuseppe, chiave della Cristologia e, tuttavia, grande assente nei trattati teologici. Basti dire che, nonostante due trienni di frequenza presso la Pontificia Università Gregoriana e il Biblico per la Licenza e il Dottorato, è stato solo un provvidenziale contatto con i Centri di Studio su san Giuseppe di Valladolid e di Montréal e con le loro prestigiose riviste Estudios Josefinos e Cahiers de Joséphologie, difficilmente presenti nelle nostre biblioteche, a farmi scoprire l'importanza del ruolo di san Giuseppe ai fini dell' incarnazione.
A questa luce e con l'aiuto degli strumenti dell'esegesi ho potuto "rivisitare" gli stessi testi evangelici, rileggendoli come "misteri della vita di Cristo”, nei quali e dei quali san Giuseppe è stato appunto il "ministro". E’ la stessa linea seguita dall'Esortazione apostolica Redemptoris custos di Giovanni Paolo II. Riguardo agli argomenti, ho sviluppato soprattutto Matteo I-II, ritenendo Luca I-II già sufficientemente studiato. Con l'attenzione sempre rivolta ai misteri della vita di Cristo, ho evidenziato, tuttavia, in Luca i misteri della presentazione di Gesù al tempio, della circoncisione, del nome di Gesù e quello meno noto dell'iscrizione del Bambino all'anagrafe. In Matteo lo studio si è fatto puntiglioso per quanto riguarda il mistero dell'incarnazione, comune anche a Luca, ma visto da Matteo soprattutto in relazione al titolo di "Cristo", compromesso dal concepimento verginale; ciò spiega il largo spazio concesso alla genealogia e al racconto della vocazione di Giuseppe. Una particolare attenzione è stata prestata ai misteri salvifici presenti nella visita dei magi, nel ritorno di Gesù dall'Egitto e nella sua dimora a Nazaret.
L'analisi dei fatti, nei quali è contenuto il mistero, evidenzia da sola quanta parte dei compiti verso Gesù - sociali, cultuali ed educativi - attribuiti normalmente a Maria, siano stati assolti, invece, da Giuseppe, perché naturalmente connessi al suo stato di sposo e di padre. Impossibile, dunque, sostenere quanto qualcuno ha scritto, che "la persona di Giuseppe non ha nessun rilievo nel racconto evangelico e quindi nessuna relazione con Gesù". Nella storia della salvezza san Giuseppe ha avuto la sua parte di "ministro della salvezza"; ha adempiuto perfettamente la sua parte, come la Chiesa apostolica gli ha riconosciuto; non può essere messo da parte, come invece la trattazione teologica continua a fare. I racconti evangelici dell'infanzia e della vita nascosta di Gesù ne hanno giustamente conservato e tramandato il ricordo, perché il mistero in essi contenuto aveva avuto bisogno per realizzarsi della sua "obbedienza".

TARCISIO STRAMARE, Vangelo dei Misteri della vita nascosta di Gesù, Sardini, pp. 320