sabato, giugno 24, 2006

LA FORTUNA DI SAN GIUSEPPE - Intervista a p. Tullio Locatelli


Non ti sembra che ci sia oggi una "eclisse" della figura di san Giuseppe?
L’eclissi non riguarda solo san Giuseppe. La fotografia delle nostre chiese mostra tante luci e tante ombre, tra queste ultime l’ignoranza religiosa occupa una buona parte. C’è un grande sforzo di catechesi, una buona presenza di movimenti ed associazioni, si parla della riscoperta della Parola di Dio, e tuttavia, a 40 anni dal Concilio Vaticano II, si nota una diffusa indifferenza religiosa, un lasciare la chiesa nell’età della giovinezza e della maturità, la separazione tra il credere e l’agire morale. In questo contesto l’evangelizzazione deve riparlare di Cristo e del Vangelo. San Giuseppe non può essere il solitario protagonista di un annuncio se manca il contesto dell’annuncio stesso. Certo la sua figura può essere più presente quando si trattano i temi della famiglia e dell’educazione. E poi non dimentichiamo il consiglio del servo di Dio don Eugenio Reffo: Imparare da san Giuseppe ad amare Maria ed ad amare Gesù.

Quali aspetti del suo modello di santità appaiono maggiormente di attualità?
L’attualità di san Giuseppe ci si presenta ogni volta che parliamo di famiglia, di educazione, di servizio come ubbidienza fondamentale ad un progetto che non è nostro. San Giuseppe è l’uomo che lascia da parte i suoi progetti e diventa disponibile al progetto di un altro, mettendo a disposizione se stesso totalmente. La nostra cultura ci ha troppo concentrati su noi stessi e su i nostri singoli “io”, che difendiamo a denti stretti. San Giuseppe propone la capacità di uscire da se stessi, il rischio di mettersi a disposizione, la generosità di dire di sì. Sono questi alcuni tratti provocatori di questo santo, troppo spesso tradito perché rappresentato come strumento passivo o quasi, come attore secondario e dietro le quinte, quando poi non lo si fa sparire del tutto. In una chiesa a Natale 2005 ho visto presso l’altare un bel bambino Gesù con accanto Maria, in contemplazione del Figlio. Non c’era san Giuseppe, eppure la Madonna non era già… vedova e quel bambino non ancora… orfano.

Per la congregazione dei Giuseppini il 2006 è l'anno del Capitolo. Il nostro santo ha qualcosa da dire?
Ogni capitolo generale è chiamato ad esprimere una fedeltà creativa che fa tesoro delle radici, legge il presente e programma il futuro. San Giuseppe va certo più riscoperto nelle motivazioni per cui fu scelto come nostro patrono e più attualizzato come modello di educatore nel contesto presente. C’è bisogno di portarlo un poco più al centro del nostro essere ed operare da giuseppini del Murialdo. Ad esempio: spesso ci diciamo che c’è in noi un deficit di fede. San Giuseppe è l’uomo ubbidiente nella fede, capace di ascoltare il Signore e di fare quanto gli è chiesto. Mi piacerebbe avere la grazia e la fortuna di san Giuseppe: dormire per sognare e nel sogno capire cosa il Signore chiede. Dormire come capacità di far tacere i nostri discorsi, i nostri programmi, i nostri desideri, i nostri ragionamenti… e iniziare a sognare. Ma chissà se ancora siamo capaci di sognare.

Quale raffigurazione di san Giuseppe ti piace di più?

Sono stato ultimamente a Genova e ho visto l’opera artistica dello scultore Guido Galletti. Ci sono tre statue di san Giuseppe con Gesù. Nella prima san Giuseppe alza verso il cielo il piccolo Gesù: è un gesto ricco di gioia e di orgoglio, come quello di un papà che va fiero di suo figlio. Una seconda statua presenta san Giuseppe intento ad insegnare a Gesù a camminare, quasi preoccupato che non cada ma anche attento a far sì che inizi a camminare da solo. Quindi una terza statua: un Gesù adolescente, quasi alto come san Giuseppe, in colloquio confidenziale con il padre; sembra che si stiano scambiando confidenze e segreti, quasi un passaggio di consegne tra padre e figlio. Tre momenti diversi che rappresentano le tappe del crescere di Gesù accanto a san Giuseppe e del servizio che san Giuseppe rende a Gesù: come padre, come educatore, come colui che deve diminuire perché Gesù deve crescere. Una bella immagine del giuseppino del Murialdo educatore dei giovani che sa interpretare e rispondere ai giovani nel variare delle tappe della loro vita.

domenica, giugno 18, 2006

CARI GIUSEPPINI...


In Brasile a giugno 2006 si tiene il Capitolo generale della Congregazione di san Giuseppe. Anche noi da queste pagine vogliamo sentirci partecipi di questo appuntamento dei Giuseppini del Murialdo, interessandoci all’evento ed unendoci nella preghiera.
Questo incontro, che raduna rappresentanti e delegati dalle 15 nazioni in cui la famiglia religiosa è presente, si svolge ogni sei anni; quello di quest’anno è il ventunesimo. I 39 Capitolari hanno come compito la verifica del sessennio trascorso, l’elezione del Superiore generale e del relativo Consiglio, la programmazione per i prossimi sei anni. Chiediamo la benedizione del Signore sui lavori e sui frutti del Capitolo per l’intera congregazione. Auguriamo nel nome di san Giuseppe, “modello, patrono e titolare”, il rinnovamento della vita religiosa ed apostolica. Il nostro santo, “regola parlante” dei Giuseppini, come è stato definito dal Reffo, accompagni le scelte ed il cammino per una sempre più fedele e creativa adesione al carisma ricevuto. San Giuseppe, come ha affermato l’attuale Superiore generale p. Luigi Pierini, è “la guida sicura per arrivare lontano”. Che Egli, secondo l’espressione di Giovanni Paolo II, “indichi le vie da seguire all’inizio del terzo millennio”.
Non solo i religiosi, ma anche i laici e quanti veniamo in contatto con i Giuseppini consacrati e con le loro opere, siamo chiamati ad essere giuseppini e a partecipare in qualche misura, ognuno secondo la sua vocazione e nella sua realtà, al medesimo carisma. Una spiritualità contrassegnata da san Giuseppe, da cui i prendiamo il nome e il modello di vita, in un tipico stile di famiglia, di umiltà e carità. Una chiamata dell’Amore personale e infinito di Dio a cui desideriamo dare una risposta concreta, di fede e di amore. Una missione educativa a favore dei giovani, ai quali ci rivolgiamo come “amici, fratelli e padri”. Un impegno di solidarietà per offrire (dovunque viviamo o a distanza) una casa e una famiglia a chi ne ha bisogno, una possibilità di studio e di formazione al lavoro, un centro di evangelizzazione e di vita cristiana. Seicento religiosi in varie parti del mondo e con loro una più estesa “Famiglia giuseppina” di laici, giovani e adulti, collaboratori e amici. E’ il medesimo ideale spirituale e apostolico che unisce e che, nel nome del Patrono e di san Leonardo Murialdo, continua nel tempo e nello spazio.
Andando maggiormente in profondità ci avvediamo che siamo chiamati tutti ad essere “giuseppini”. Ad un titolo speciale siete chiamati ad essere tali voi lettori, concittadini di San Giuseppe, pellegrini e devoti del Custode del Redentore. I papà e gli educatori, i lavoratori e i consacrati hanno poi buoni motivi per conformarsi a lui. Ma diciamo la verità: essendo il nostro santo Patrono della Chiesa universale, estende la sua protezione su tutta la Chiesa nel mondo. La sua paternità è appunto universale: perciò siamo chiamati tutti a sentirci “figli” suoi, ad imparare dal suo modello di santità e ad essere dunque “giuseppini”. Che bello guardare alla Chiesa intera come alla Famiglia che san Giuseppe custodisce e protegge nei secoli, come 2000 anni fa Egli fece con Maria e Gesù. Che bello ritrovare in lui un padre, riflesso del Padre celeste, come Cristo seppe fare nella vita nascosta a Nazaret. Se siete veri giuseppini, san Giuseppe deve avere nella vostra vita un'importanza fondamentale. Dategli dunque il posto che gli spetta!

(Angelo Catapano)

domenica, giugno 11, 2006

HO CAMMINATO CON SAN GIUSEPPE TUTTA LA VITA


La pubblicazione è stata curata da p.
Giovanni Pertusio ed esce a nome del
Centro Studi San Giuseppe per la LEM (Libreria Editrice Murialdo).
Testo di partenza sono una serie di annotazioni di
Papa Giovanni XXIII in occasione di una predicazione per il mese di San Giuseppe. Papa Giovanni commenta le litanie di san Giuseppe con appunti molto semplici e con lo scopo di suscitare la devozione verso
san Giuseppe, come aiuto e protezione nel
cammino della vita. Il padre Giovanni
Pertusio con citazioni dal “Giornale
dell'anima” e da altri discorsi dello stesso
papa, amplia e attualizza il testo degli
appunti, mettendo così in risalto
l'importanza che la devozione di san
Giuseppe ha nella vita di Papa Giovanni e
indicando delle possibili attualizzazioni per
il lettore di oggi. Dopo la presentazione di
p. Luigi Pierini, superiore generale, e
l'introduzione di p. Giovanni Pertusio,
segue un articolo di mons. Loris Capovilla,
già segretario di Roncalli fin dai tempi di
Venezia, dal titolo “Giuseppe sposo di
Maria nella devozione di Giovanni XXIII”.
Il volume si chiude con due documenti
(rispettivamente una predica di Roncalli a
Venezia del 1958 e la Lettera apostolica
scritta da papa Giovanni per chiedere a San
Giuseppe il suo patrocinio sull'imminente
inizio del Concilio Vaticano II) e uno scritto
di don Giuseppe De Luca, che invita a
vivere la festa di San Giuseppe con più
attenzione alla vita interiore. Ci sono poi
due serie di fotografie, una su san Giuseppe e una su papa Giovanni; sul retro di ogni foto sono riportate preghiere dello stesso pontefice. Un volumetto che merita di essere letto e diffuso, potendo offrire spunti ad ognicategoria di persone per diventare dei veri devoti di San Giuseppe.

GIOVANNI XXIII, Ho camminato con san Giuseppe tutta la vita, LEM, Roma pp. 105 (5 euro).

domenica, giugno 04, 2006

JOSÉ EL SILENCIOSO

Multitudes aspiran hoy a un porvenir de paz, a una humanidad liberada de las amenazas de la violencia y del hambre. Con el paso del milenio hay gentes sobrecogidas por la inquietud ante el futuro y se encuentran asustadas e inmovilizadas. San José era un hombre justo, una persona que en virtud de la razón obra según justicia, la virtud que reúne a todas las demás.
José, “el silencioso”, está presente en el Evangelio. Se puede pensar que los evangelistas le han citado demasiadas pocas veces, pero San José no es un hombre indeciso y poco dado a actuar, él es justo, por ello actúa. Es una persona proporcionada, desde el uso de la razón, en entregar de si mismo lo que corresponde, obedece con amor ante el descubrimiento del estado de su esposa, se repite en viajes arriesgadísimos para mantener incólume a su familia, ejerce de padre, y se le conoce por ser un trabajador, ¡nada menos!
La tradición estética ha reafirmado excesivamente su duda, y nos lo coloca sombrío, decrépito y exhausto ante la belleza fruto de la gracia que es su esposa, y ante la juventud mesiánica de Jesús. San José en el Evangelio tiene un protagonismo interno indudable ante el romper de los nuevos tiempos mesiánicos, entre las convulsiones epocales y la esperanza que alcanza lo que anhela, Cristo, el Mesías prometido, el Hijo de Dios que lo muestra como Amor.
El drama histórico no es infrecuente cuando aparecen nuevas épocas y convicciones, el bien y la paz no surgen humanamente por un abandono temeroso, San José toma continuamente decisiones, “decidió abandonar a su Esposa”, pero la toma definitivamente como Esposa “porque lo engendrado en ella es del Espíritu Santo” (Mt 1,20), “le pone al Hijo un nombre”, va a empadronarse a Belén donde su mujer da a luz un hijo, allí junto a su mujer recibe numerosas visitas de pastores y reyes porque el niño había sido indicado por la profecía o el oráculo divino como el Mesías, ante la persecución “se levanta y va a Egipto”, “vuelve” a pesar del riesgo a “la tierra de Isarel” donde se establece, es carpintero.
La vida de José recoge el drama histórico del surgimiento de nuevos tiempos, allí donde aparece humanamente el bien, la verdad y la justicia las tensiones y reacciones se crecen, es así.
José actúa, toma sus decisiones y entra en acción no irreflexivamente, piensa lo que sucede y resuelve dar lo que otros, por su situación, esperan de él. Estamos tentados en esperar de San José descripciones a la altura del momento: que entrase en una fase dialéctica de oposición ante el perseguidor, ante situaciones no programadas, ante la pobreza en la que se ven envueltos sus viajes. No, San José actúa según corresponde en la anomalía de la situación, procurando el mayor bien, confiando en la misma razón humana ante situaciones concretas, se pone al servicio de la causa humana y de los nuevos tiempos de los cuales tiene noticia gracias a la fe.
Nos encontramos en un período en el que muchos se preguntan: ¿pero qué es la fe? La fe es una confianza muy sencilla en Dios, un impulso de confianza indispensable, retomada sin cesar en el transcurso de la vida. San José es un hombre de fe, la incertidumbre y la razón son iluminadas por la fe, es la misma fe que le lleva a actuar con evidencia y dentro de la proporcionalidad de la acción y del servicio a la que está llamado el ser humano en la comunidad y la sociedad. El Evangelio denota externamente como San José es un hombre que actúa con paz, ¡Sí! es un hombre de paz, no deja de reemprenderse con impulso y vive confiado.
En cada uno puede haber dudas. No tienen nada de inquietante. Quisiéramos, sobre todo, escuchar como San José el susurro de Dios en nuestros corazones, ¿Tienes dudas? No te inquietes, no te alarmes hasta el punto de refugiarte en el aislamiento o en una reacción incalculada, Cristo dice: “Os dejo la paz, mi paz os doy; no os la doy como la da el mundo. No se turbe vuestro corazón ni se acobarde.” (cf. Jn 14,16-18 y 27). Dios existe independientemente de nuestra fe o de nuestras dudas. Cuando se da en nosotros la duda, Dios no se aleja de nosotros. Hay muchos que han hecho este descubrimiento sorprendente: el amor de Dios puede florecer también en un corazón tocado por las dudas. Dostoievski escribió un día en su Cuaderno de notas: Soy un hijo de la duda y de la increencia. ¡Qué terrible sufrimiento me ha costado y me cuesta esta sed de creer, que es sin embargo, más fuerte en mi alma, por más que haya en mí argumentos contrarios… Es a través del crisol de la duda, que ha pasado mi “hosanna”. Y con todo, Dostoievski podía continuar: No hay nada más bello, más profundo, más perfecto que Cristo; no solamente no lo hay, es que no puede haberlo. Cuando este hombre de Dios deja presentir que en él coexiste el no-creyente con el creyente, su amor apasionado por Cristo, el Mesías que ya ha llegado”, no mengua.

Luis Fernández