domenica, febbraio 25, 2007

GIORNATA DI STUDIO SU SAN GIUSEPPE

15 marzo 2007
Pontificio Oratorio San Paolo - Roma

Per un rilancio della figura di san Giuseppe
nella Chiesa italiana



PROGRAMMA

ore 9 Accoglienza
ore 9.15 Presentazione e saluto di p. Tullio LOCATELLI csi, sup. prov.
ore 9.30 p. Tarcisio STRAMARE osj: Promozione di S. Giuseppe e Redemptoris Custos
ore 10.15 p. Angelo CATAPANO csi: La figura di san Giuseppe nel cinema
ore 11 break
ore 11.30 p. Gianfranco VERRI csi: Il Custode del Redentore nell’espressione pittorica
ore 12.15 prof.ssa Stefania COLAFRANCESCHI: S. Giuseppe educatore nell’iconografia

13.15 buffet

ore 14.15 Visita della Basilica di San Paolo fuori le Mura
ore 15 p. Guglielmo SPIRITO ofm: Una paternità per l’uomo postmoderno
ore 15.45 Mons. Marco FRISINA: Oratorio di san Giuseppe
ore 16.30 p. Pedro OLEA csi: Proposte e conclusioni



SEDE: Oratorio San Paolo – viale San Paolo 12 – 00146 Roma
Si trova davanti all’ingresso della basilica di san Paolo ed è raggiungibile con la Metro B (stazione San Paolo).

INFORMAZIONI: p. Angelo (cell. 3403429116) o p. Pedro (cell. 3284052156)
Si prega di confermare la partecipazione (iscrizione gratuita)
entro il 5 marzo.

domenica, febbraio 18, 2007

IL MESE DI SAN GIUSEPPE


Il Calendario di Congregazione ricorda che il 17 febbraio inizia il mese di San Giuseppe. Che cosa significa oggi per noi questo richiamo? Un ricordo storico che sa un poco di museo e di ossequio alla nostra tradizione e ai nostri confratelli di un tempo? Un appuntamento valido per tutti che mette in moto espressioni devozionali tipiche del nostro essere giuseppini? Un invito a non dimenticare, pur nella consapevolezza che saranno pochi quelli che troveranno ulteriore motivo per approfondire e manifestare la loro devozione a San Giuseppe? Una pia esortazione che non vanta più un posto specifico ed importante? Una buona occasione per riflettere su san Giuseppe, patrono della congregazione, modello per ogni Giuseppino?
Ho letto in questi giorni un romanzo che parla di san Giuseppe: Giovanni Donna d’Oldenico, Il giusto, Marietti, 2006. Giuseppe sta per morire nella casa di Nazareth, assistito da qualche parente, perché Maria è partita in cerca di Gesù. E’ un tempo per Giuseppe di una duplice attesa: della morte, ormai imminente, e del ritorno di Gesù, per poterlo abbracciare un’ultima volta. Un tempo che diventa propizio per una lunga e profonda riflessione sulla sua vita. In dialogo con chi lo assiste, Giuseppe rievoca i momenti fondamentali della sua relazione con Maria e con Gesù. Per tanti anni a Nazareth, Giuseppe aveva fatto esperienza di Dio che “aveva cominciato a diventare uomo e lui a diventare padre”; e poi un giorno a Gerusalemme aveva capito che “il suo umanissimo essere padre, vero, reale, ben riuscito, non bastava più. Lui, proprio lui, uno così qualunque, era chiamato ad approssimarsi alla paternità di Dio, fino a fondervi dentro la propria”. Una vicenda umanissima, quella della sua famiglia, ma segnata dal mistero di Dio fatto uomo. L’ultimo dialogo tra Giuseppe e Gesù ha solo due battute: Giuseppe “Sono talmente piccolo, figlio!”; Gesù: “Tu non immagini quanto sei grande, padre”. Maria, intanto, incontra alcuni personaggi conosciuti tempo prima o che da poco hanno accolto il vangelo. Maria rievoca con loro alcune vicende dell’infanzia di Gesù, scoprendo alcune dimensioni del mistero vissuto e mai compreso fino in fondo. Così Giuseppe e Maria, pur in situazioni diverse e secondo una propria sensibilità, ripercorrono il compito che Dio aveva loro affidato; padre e madre parlano del figlio e meglio comprendono la propria identità; compiono una “peregrinatio fidei”, come disse Giovanni Paolo II. Alla fine del romanzo appare chiaro che il vero personaggio della vicenda è Gesù stesso.
Una volta fu rimproverato a don Reffo di non avere rispettato la gerarchia delle devozioni giuseppine. Invece di indicare nella Regola per primo il Sacro Cuore di Gesù, poi la Madonna e infine san Giuseppe, aveva messo quest’ultimo al primo posto. La spiegazione di don Reffo fu di una semplicità estrema: dobbiamo essere devoti di San Giuseppe perché da giuseppini possiamo imparare da lui ad amare Maria e Gesù.
Traggo da questi riferimenti due considerazioni, che lascio alla riflessione e alla preghiera di ciascuno. Dal romanzo, ma soprattutto dal Vangelo, risulta chiaro che Gesù è al centro della vita di Giuseppe e di Maria, alla luce del suo mistero vivono la propria vocazione. Chi vuole imitare san Giuseppe e essere suo devoto prima o poi deve chiedersi chi sta al centro della sua vita. Don Reffo ricorda che in definitiva è questione di amore. Chi ama san Giuseppe impara ad amare meglio Maria e Gesù. Solo così la devozione a san Giuseppe acquista il suo vero significato, e allora un mese non sembra poi così lungo e magari anche di troppo, anzi potrebbe essere occasione di fare un poco di recupero di… giuseppinità. Buon mese di San Giuseppe!


P. Tullio Locatelli

domenica, febbraio 11, 2007

LA FESTA DI SAN GIUSEPPE


Quella di san Giuseppe è una delle ricorrenze più popolari, più tradizionali e più sentite. Il nome del santo, il cui significato è "Dio ha aggiunto", è sicuramente uno dei più comuni ed infatti sono moltissimi in Italia e all'estero coloro che il 19 marzo festeggiano il proprio onomastico.
Cercando nell'origine storica della ricorrenza, si giunge al 1349 allorché un sacerdote di Parma, Donnino Raimondi, istituì un "beneficio", in cui tra l'altro si stabiliva che "si deve rendere onore a S. Giuseppe il giorno 26 luglio".
Cinquant'anni dopo, nel 1399, i Francescani nel Capitolo Generale dell'Ordine, tenuto ad Assisi, decisero di celebrare ogni anno la festa di san Giuseppe fissandola al giorno 19 marzo, giorno in cui venne confermata in seguito da Papa Sisto V, anch'egli francescano.
Nel 1621 Papa Gregorio XV rese la festa obbligatoria e di precetto, mentre nel 1726
Papa Benedetto XIII aggiunse il nome di san Giuseppe nella litania dei santi.
Infine Papa Pio IX, 1'8 dicembre 1870, in un momento piuttosto difficile per l'umanità e per la Chiesa, proclamò san Giuseppe Patrono della Chiesa Universale.
A sua volta, parlando del fiducioso ricorso dei fedeli a san Giuseppe, papa Leone XIII così si espresse: "...La Sacra Famiglia che S. Giuseppe resse e governò con autorità di padre, era l’inizio della Chiesa... Su questa famiglia... egli esercita un'autorità paterna, appunto perché è lo sposo di Maria e il padre di Gesù...'. Allo stesso santo inoltre dedicò un'enciclica, la "Quamquam Pluries", e sempre Leone XIII compose la famosa e bella preghiera « A te, o beato Giuseppe...».
Altri pontefici incrementarono sempre più la-devozione verso il santo sposo di Maria Vergine: Pio XII, che nel 1955 istituì per il primo maggio la festività di san Giuseppe artigiano; papa Giovanni XXIII, che nel 1961 inserì il nome di Giuseppe, dopo quello di Maria, nel canone della Messa e dichiarò inoltre l'umile falegname di Nazareth patrono speciale del Concilio Ecumenico Vaticano II.
Da ultimo l'attuale Giovanni Paolo II, il 15 agosto 1989, indirizzò alle comunità cristiane l'esortazione apostolica "Redemptoris Custos", riguardante appunto la figura e la missione di san Giuseppe.
Il nostro santo, com'è noto, è anche patrono di varie città e paesi non soltanto italiani.
Sotto l'aspetto liturgico, c'è poi da ricordare che il più antico "ufficio" in onore del santo
risale al XIII secolo ed era praticato a Liegi, nell'abbazia benedettina di san Lorenzo.
Per quanto riguarda la devozione dei cristiani nei confronti di san Giuseppe, c'è da dire che egli fu venerato fin dai primi secoli. Non si conoscono tuttavia rappresentazioni figurate del santo che siano sicuramente anteriori al IV secolo, al quale appartengono le più antiche che ce lo presentano sempre insieme a Gesù e alla Madonna nelle scene evangeliche.
La più antica immagine di san Giuseppe sarebbe quella incisa sulla pietra sepolcrale di una certa Severa, conservata nel museo romano al Laterano e che può forse risalire al II secolo. Il Patriarca vi è effigiato nel gruppo del presepe, mentre si appoggia al suo bastone e distende la mano verso il Bambino in atteggiamento di difesa.
Le figure che appartengono al IV secolo si rinvengono nelle sculture dei sarcofagi trovati nelle catacombe e nelle antiche basiliche e principalmente in due scene: cioè in quella della nascita di Gesù, alla quale san Giuseppe assiste come un devoto spettatore, col suo bastone ricurvo in mano, e in quella dell'adorazione dei Magi.
In quest’ultima, egli sta al fianco della Vergine o dietro al suo trono; oltre al bastone ( che vuole indicare il viaggio da lui intrapreso da Nazaret a Betlem), indossa di solito la tunica corta, cosa che lo fa riconoscere come artigiano.
Nel grande mosaico della basilica romana di S. Maria Maggiore, che risale alla prima metà del V secolo, opera di Giacomo Turriti, Giuseppe si presenta in una scena nuova: all'arrivo cioè della Sacra Famiglia in Egitto, dove si vedono gli abitanti del paese che si fanno incontro agli eccezionali Viaggiatori.
Sopra una pisside in avorio del V secolo o del principio del VI, è rappresentato il trasferimento dei due santi coniugi di Nazaret a Betlem: la Vergine è seduta su di un asino guidato da un angelo e si appoggia con confidenza ed affetto alla spalla di Giuseppe, il quale le cammina rispettosamente a lato.
Nell'atto di questa scena è rappresentato il sogno di Giuseppe, durante il quale egli viene
avvertito da un angelo di prendere con sé la Madonna senza alcun timore.
Così abbiamo rappresentati sulle antiche sculture cristiane tutti quegli episodi che le
Sacre Scritture ci narrano.
In merito poi alla maniera di raffigurare san Giuseppe, dobbiamo distinguere i monumenti
del III, del IV e del V secolo da quelli di età posteriore.
Nei monumenti più antichi egli appare di solito giovane e senza barba, vestito con una breve tunica, raramente barbato e di forme senili; in quelli più recenti, invece predominano le immagini del santo in età senile e con un lungo mantello; modo di effigiarlo, questo, che perpetuatosi e divenuto tradizionale nel medioevo, ha continuato in genere fino ai tempi nostri.

Gualtiero Sabatini

domenica, febbraio 04, 2007

SEMPRE, SUBITO E LIETAMENTE


L’editrice Città Nuova ha pubblicato un lavoro sulla spiritualità di san Leonardo Murialdo a cura di p. Angelo Catapano, direttore del Centro Studi san Giuseppe. Il volume, che conta 160 pagine, può essere richiesto anche alla nostra redazione, con un contributo di 8 euro. Vi si propone un percorso, un vero e proprio itinerario spirituale che si sviluppa in 10 tappe. Il carisma spirituale del Murialdo – santo di grande spessore interiore e nello stesso tempo di variegato impegno nel sociale, nel mondo dell’educazione e del lavoro - è presentato con schizzi efficaci, avvalorati da espressioni puntuali e significative, tratte direttamente dagli scritti, come quella del titolo che balza in evidenza: tutto il segreto della santità sta nel fare la volontà di Dio “sempre, subito e lietamente”. La chiave di lettura globale è originale: per entrare in questo cammino ci si trova come davanti a due porte.
La prima porta è Dio Amore. Si parte dalla scoperta delle sorgenti della vita, dalle fonti dell’amore “paterno e provvidente, gratuito ed infinito, attuale e personale, tenero e misericordioso”. Ci si imbatte nell’Amore Incarnato di Cristo e con i “tre prodigi” della sua grazia: il natale, la croce e l’eucarestia. Dissetati e corroborati, ci si lascia guidare dallo Spirito Santo nella “vita di fede”, contrassegnata da una scelta fondamentale, un abbandono totale, una nuova mentalità, un rapporto profondo. Ci si incammina quindi nella vita, che è essenzialmente una via a cui non manca la direzione di percorso, la meta da raggiungere, con l’attenzione al momento presente, alle luci e alle ombre dell’esistenza. In questo tragitto non siamo soli: Gesù è con noi e ci insegna ad accogliere chi è maggiormente bisognoso, a stare con i piccoli, a vederlo nei piccoli, a farci piccoli con i piccoli.
La seconda porta è san Giuseppe. In lui troviamo “la via giusta” e il nostro specifico stile; da lui impariamo a fare tutto per amore e ad affrontare la notte del dolore; in lui vediamo il nostro capofamiglia, l’ottimo educatore, il lavoratore modello. A Nazaret apprendiamo l’umiltà, che ci fa riportare in noi il volto originale, guardare in faccia la realtà e lavorare in povertà, “facendo e tacendo”. Nella Santa Famiglia scorgiamo l’ideale di quella “ben unita famiglia” che anche noi siamo chiamati a costituire “nell’unità di pensiero, di azione e di amicizia”. Alla scuola del Padre celeste (e anche del padre terreno) ci vengono impartite le lezioni di quella formidabile carità impastata di premurosa paternità, totalità di dedizione, concreta adattabilità e paziente dolcezza. Alla fine si è portati ad aprire lo sguardo verso ampi orizzonti, in cui ci si ritrova parte di un cammino più grande in sintonia con la Chiesa intera, con gli uomini di buona volontà, in armonia con il creato stesso.
Dato che non ci si può mai considerare “arrivati”, l’itinerario spirituale conclude con l’invito a ricominciare di nuovo, chiaramente sui passi di san Leonardo Murialdo, riscoprendo nella nostra identità l’amore di Dio e nella nostra missione il modello di san Giuseppe.